E’ quel che è successo nella Casa Circondariale di Busto Arsizio, dove sono rimaste intossicate una quindicina di persone. È accaduto nella notte tra venerdì e sabato, e sul posto sono intervenuti i Vigili del Fuoco che, insieme alla Polizia Penitenziaria, hanno messo sotto controllo la situazione e permesso i soccorsi ai detenuti.
La ricostruzione della vicenda è stata confermata dal direttore del carcere Orazio Sorrentini: “Tutto è avvenuto nella sezione dedicata ai detenuti con gravi problemi psichici. Dopo il primo episodio ce n’è stato un altro che ha interessato due celle. Un plauso va agli agenti di Polizia Penitenziaria che hanno salvato la vita ai due detenuti che si erano rintanati nei bagni col rischio di morire soffocati“.
Il direttore ha sottolineato anche il comportamento corretto dei detenuti delle altre sezioni interessate dal fumo e che sono stato fatti uscire in cortile fino al termine delle operazioni di spegnimento.
Da quanto emerso da una prima ricostruzione, tutta da verificare, sembra che a causare la grande quantità di fumo siamo stati proprio i materassi ignifughi di cui sono dotate le celle. Non hanno preso fuoco ma avrebbero sprigionato un fumo densissimo che rendeva impossibile la visuale.
Sull’accaduto duro il commento di Gian Luigi Madonia, Segretario Regionale dell’USPP: “Il susseguirsi di eventi verificati a Busto Arsizio tra ieri sera e stanotte, riaprono i riflettori sullo stato di abbandono in cui si trovano le nostre strutture penitenziarie e i conseguenti rischi cui vengono esposti i Reparti di Polizia Penitenziaria. Tutto perché nessuno ha ancora capito che il problema dei detenuti psichiatrici deve essere una priorità assoluta. E chi lo ha capito, si volta dall’altra parte, facendo finta di nulla”.
“Non abbiamo conferme di patologie mentali degli artefici incendiari, ma è plausibile affermare che un soggetto che incendia la propria camera, di certo, non è mentalmente equilibrato – prosegue puntando il dito contro la politica – tra le altre annose questioni più afferenti al personale, dalle carenze degli organici alle insufficienze strumentali, da tempo denunciamo il problema delle aggressioni in carcere e da anni contestiamo per il gravissimo errore commesso chiudendo gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, strutture che in qualche modo riuscivano a contenere soggetti psichiatrici. Abbiamo trovato solo indifferenza e sordità, quindi assenza di interventi concreti. Fino ad ora, su questi temi, Governo e Ministero della Giustizia hanno fatto da spettatori. Solo quando la politica riprenderà il proprio ruolo, onorandone la responsabilità morale ed amministrativa, il lavoro della Polizia Penitenziaria potrà riavere dignità che merita e le carceri potranno davvero essere luoghi più sicuri e sereni. Appare scontato affermare come le logiche rieducative della pena siano possibili ed efficaci solo all’interno di luoghi sicuri e sereni. Vedremo se il nuovo Capo del DAP Renoldi sarà capace di orientare la politica verso scelte che, oltre a migliorare le carceri e la detenzione, mettano la Polizia Penitenziari nella condizione di poter lavorare in sicurezza ed assoluta serenità, ovvero le garanzie che il Datore di lavoro, lo Stato, dovrebbe assicurare”.
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