Così Luisa Tassitani.
Detenuto a Padova, lunedì scorso Fusaro ha lasciato il carcere Due Palazzi e, per qualche ora, ha respirato la libertà: accompagnato da don Marco Pozza, cappellano del penitenziario padovano, ha trascorso parte della giornata in una famiglia per poi far rientro in cella, dov’è tutto’ora.
Il beneficio di legge era stato negato dalla Cassazione per ragioni di forma: “Il ricorso è inammissibile in quanto presentato personalmente dall’interessato”, scrissero i giudici della Suprema corte, ricostruisce il Corriere.
Si tratta di provvedimento una tantum, che, forse, fa meno male ma comunque colpisce i familiari: “Mi avevano detto che lui era fuori ogni giorno per dieci ore – confida Luisa – Sapere che si tratta di un permesso unico mi fa sentire un po’ più sollevata ma è comunque dura, durissima”.
Sul piano giuridico, la possibilità di chiedere permessi premio è stata riconosciuta a Fusaro dal tribunale di Sorveglianza di Padova nel 2020, quando ancora il detenuto non aveva espiato la metà della pena. I giudici avevano ritenuto esistenti le condizioni della cosiddetta “collaborazione impossibile”, confermate poi anche dalla Cassazione nonostante un ricorso contrario presentato dalla Procura generale.
Secondo i giudici di Sorveglianza, Fusaro si trova nell’oggettiva impossibilità di collaborare con la giustizia perché, nel caso specifico, a 15 anni dai fatti (13 all’epoca della valutazione) non ha più nulla di importante da rivelare sul rapimento e sull’uccisione di Iole.
La famiglia Tassitani, va detto, ha contestato sin dall’inizio del processo quest’ultima circostanza: i familiari della vittima sono convinti che Fusaro abbia avuto dei complici o, addirittura, che qualcunaltro abbia ispirato il rapimento.
Le parole di Roberto Quintavalle, avvocato che, per conto dei Tassitani, ha seguito tanta parte della vicenda giudiziaria, ribadiscono il punto: “Il permesso mi stupisce – dice il legale – Fin dall’inizio dell’indagine e poi nel processo Fusaro non ha mai collaborato alla ricostruzione della verità, né ha confermato di aver avuto complici, cosa che mi pare evidente. C’è la buona condotta? Beh, in carcere è complicato fare male… Che altro dire?”.
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