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Mal’aria di città, Legambiente: “a Taranto aria non buona”

Pubblicato il 5 Febbraio, 2022

A scattare la fotografia è il nuovo report di Legambiente “Mal’aria di città”

In Italia l’emergenza smog resta un problema cronico. Il 2021 è stato un anno nero, non solo per via della pandemia ancora in corso, ma anche e soprattutto per la qualità d’aria.

Su 102 capoluoghi di provincia analizzati, nessuno è riuscito a rispettare tutti e tre i valori limite suggeriti dall’OMS, ossia una media annuale di 15 microgrammi per metro cubo (μg/mc) per il PM10, una media di 5 μg/mc per il PM2.5 e 10 μg/mc per l’NO2.

A scattare la fotografia è il nuovo report di Legambiente “Mal’aria di città. Quanto manca alle città italiane per diventare clean cities”, realizzato nell’ambito della campagna Clean Cities, in cui si fa il bilancio sulla qualità dell’aria in città confrontando i valori medi annuali, rilevati nelle 238 centraline per il monitoraggio dell’aria di 102 città capoluogo di pro­vincia, di PM10, PM2.5 e NO2 con i parametri suggeriti dall’OMS. Il quadro che emerge è nel complesso preoccupante.

legambiente taranto
Legambiente Puglia: “Il fatto che ora l’aria sia migliore non significa che sia buona”

La situazione della Puglia, sottolinea Legambiente, rispetto al contesto nazionale, è meno grave rispetto ai capoluoghi del Nord Italia, dove i valori dei principali inquinanti sono nettamente superiori rispetto al resto del Paese. Per il PM10 maglia nera pugliese è Barletta con una media di 25 μg/mc con una riduzione necessaria del 40%. Per il PM2.5, a parimerito, le peggiori sono Andria, Bari e Barletta con 13 μg/mc e una riduzione necessaria del 62%. Per il N02, infine, è Taranto la “peggiore” con 25 μg/mc e una riduzione necessaria del 60%.

“Le città pugliesi sono chiamate ad affrontare la problematica dell’inquinamento atmosferico in maniera trasversale e integrata con azioni efficaci, incisive e durature con misure integrate introdotte dal governo nazionale, da quelli regionali e comunali – ha dichiarato Ruggero Ronzulli, presidente di Legambiente Puglia -. Il dato pugliese ci dimostra come le città maggiormente penalizzate sono quelle in cui la mobilità e le aree industriali sono i fattori che incidono negativamente sulla qualità atmosferica e sanitaria.”

“Per questi motivi, da qui ai prossimi anni, per accelerare la transizione ecologica sarà centrale adottare misure che puntino davvero ad una nuova visione di città e centro urbano, incentrando la pianificazione sulla mobilità sostenibile, elettrica, intermodale, di condivisione ripensando anche gli spazi urbani. Sarà inoltre rilevante puntare anche sull’efficientamento energetico e bloccare la commercializzazione dei veicoli a combustione interna al 2030”.


A Taranto, i valori medi in un anno sono stati di 21 μg/mc di PM10, 11 μg/mc di PM2.5 e 25 μg/mc di NO2, per una richiesta di riduzione, rispettivamente del 27%, 55% e 60%.

“Per Taranto questi dati sono la conferma di quanto Legambiente sostiene da tempo: la qualità dell’aria della città, in corrispondenza in primo luogo della forte riduzione di produzione operata dall’ex Ilva, ma anche delle modifiche operative adottate nella gestione degli impianti -per dare seguito ad alcune delle prescrizioni dell’AIA- e del completamento di alcuni degli interventi previsti dal Piano Ambientale in vigore, è oggi migliore di quella che abbiamo respirato per anni, quando l’Ilva dei Riva arrivava a produrre 10 milioni di tonnellate/anno di acciaio e le esigenze della salute e dell’ambiente sembravano non interessare nessuno.

“Ma il fatto che ora l’aria sia migliore non significa che sia buona: il raffronto con i valori suggeriti dall’OMS lo attesta in maniera inequivocabile e le conseguenze si scaricano su cittadini su cui grava già il peso dell’inquinamento assorbito in passato. Per questo Legambiente continua ad insistere in maniera incessante sulla necessità di vincolate agli esiti della Valutazione dell’Impatto Sanitario qualunque decisione ed autorizzazione che riguardi la produzione presente e futura dello stabilimento siderurgico.”

“Peraltro, se nella stragrande maggioranza delle città italiane il problema è costituito dal traffico veicolare e dal riscaldamento domestico, e le zone più esposte risentono anche dell’influenza di fattori climatici, a Taranto l’origine dell’inquinamento è prevalentemente industriale e questo si traduce in una maggiore patogenicità delle emissioni inquinanti, attestata da diversi studi.”

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