Ragusa, covid: ospedale pieno e crisi dilagante. Che fare?

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Fin ora nessun nuovo decesso legato al Covid oggi nel ragusano. Il conto è fermo a 222 positivi deceduti dall’inizio della pandemia. Gli attuali positivi sono in tutto 973, di cui, 904 si trovano in isolamento domiciliare, e 56 ricoverati negli ospedali della provincia.
I dati per Comune: 32 Acate, 8 Chiaramonte Gulfi, 128 Comiso, 8 Giarratana, 11 Ispica, 71 Modica, 3 Monterosso Almo, 37 Pozzallo, 254 Ragusa, 52 Santa Croce Camerina, 174 Scicli, 126 Vittoria. I guariti dall’inizio della pandemia sono 8.549.
Solo cinque o sei posti sono rimasti, secondo il primario di terapia intensiva Luigi Rabito, al ‘Giovanni Paolo II’ di Ragusa per accogliere nuovi pazienti in rianimazione.
Solo una piccola parte dei ricoverati si trova a Vittoria. La maggior parte, infatti, è in degenza nel nosocomio di Ragusa, ormai quasi saturo.
Da 3 a 11 ricoveri in terapia intensiva e semi-intensiva, da 15 a 27 nel reparto covid. Nell’arco di pochi giorni, nell’ospedale del capoluogo ibleo, sono aumentati notevolmente i ricoveri e si rischia di andare verso la totale saturazione se nelle prossime ore si registreranno nuovi ingressi.
Ai microfoni del TG1, Rabito ha dichiarato: “I numeri dei ricoveri sono triplicati nel giro di 20 giorni, negli ultimi 5 giorni è aumentato notevolmente il numero dei ricoverati col rischio di saturare del tutto i reparti del nuovo ospedale di Ragusa”.
Senza una forte inversione di tendenza nei contagi e, quindi, nei ricoveri, gli ospedali iblei rischiano il collasso, complice anche un’antica carenza di organico, come lamentano fonti sanitarie.
Pare abbassarsi anche l’età media dei contagiati, forse a causa del fatto che la variante inglese si diffonde più facilmente fra i giovani.
Alla luce di tutto ciò, già i “rigoristi” invocano zone rosse e misure durissime, ma bisogna ricordarsi che proprio stamattina a Ragusa si è svolta una manifestazione di ristoratori inferociti e alla fame, dopo una due giorni di dure proteste in tutta Italia.

Il contagio dilaga da un lato, e dall’altro lato la crisi economica dovuta alle restrizioni ha innescato una bomba sociale che, alla minima scintilla, è pronta a esplodere a livelli atomici.

Quindi, adesso, la domanda è: che fare?

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Gianluca Vallerossa

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