Ritorna in Italia il cittadino siciliano che era rimasto bloccato in Ucraina, il suo racconto

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Finalmente sono a casa, sto iniziando a capirlo solo adesso. Siamo salvi. Mi dispiace per tutti quelli che sono rimasti là. Ci sono tanti italiani in Ucraina che contattano la Farnesina, ma al momento non c’è via di fuga. La situazione a Kherson è peggiorata.

Giovanni Bruno, portuale di Pozzallo, è arrivato ieri ser con la sua famiglia all’aeroporto Falcone Borsellino di Palermo. È fuggito dalla guerra attraversando la frontiera per scappare da Kherson, dove era intrappolato con la moglie, la figlia di 22 mesi e i suoceri. Era uno dei 33 italiani rimasti bloccati tra Mariupol e Kherson che l’unità di crisi della Farnesina sta cercando da giorni di tirare fuori dall’incubo della guerra. Il suocero, 54 anni, non poteva lasciare la città, per la legge marziale in vigore che non permette agli uomini tra i 18 e i 60 anni di lasciare il paese perché potrebbero ancora combattere per l’esercito ucraino. Così coraggiosamente ha accompagnato in macchina la figlia, il genero e la nipotina ad Odessa.

Abbiamo superato 15 posti di blocco, 3 russi e 12 ucraini, alla fine siamo arrivati alla dogana – dice Giovanni Bruno – Il viaggio è stato difficile, da Kherson alla costa, raggiungendo la zona di Mycolaiv fino ad Odessa. Qui sono stato aiutato dal giornalista di Radio Rai Simone Zazzera. Ci ha accompagnati a Palanca, poi in Moldavia, infine in autobus fino ad Husi, in Romania. Ieri sera ci siamo imbarcati sul volo da Bucarest per Palermo, per poter tornare finalmente in Italia.

Bruno era intrappolato dal 24 febbraio in città, chiuso in un appartamento al settimo piano con la città presidiata dai russi che sparavano a vista. Non poteva uscire di casa se non per pochi minuti in cui comprava verdure e uova fresche dai contadini della zona, aveva una scorta limitata di provviste.
Dopo 25 giorni, ha trovato il coraggio: rincuorato da altri vicini di casa che avevano tentato la fuga, si è messo in macchina e ha deciso di scappare.

A ogni posto di blocco sembrava fosse finita – dice – ci hanno chiesto i documenti, controllavano le persone in macchina e il bagagliaio. Ogni stop la paura, il terrore di essere uccisi. Ma è andato tutto bene.

    Non mi sembra vero

Ansa Calabria

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Giorgia Rieto

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