Venne rimpatriata in tutta fretta con la figlia di 6 anni. Quello di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, fu però sequestro di persona, hanno stabilito i giudici di Perugia. I metodi dell’espulsione della donna, allontanamento dall’Italia che poi la Cassazione dichiarò illegittimo, andarono oltre ogni limite di rispetto dei diritti umani.
La corte presieduta dal giudice Giuseppe Narducci ha condannato a cinque anni l’ex capo della squadra mobile di Roma, Renato Cortese, e stessa pena ha comminato a Maurizio Improta, allora responsabile dell’ufficio immigrazione della Questura.
Sette in tutto i condannati. Cinque anni anche per l’ex commissario capo, Francesco Stampacchia, e per l’allora dirigente della squadra mobile di Roma, Luca Armeni. I funzionari Vincenzo Tramma e Stefano Leoni sono stati condannati rispettivamente a quattro anni e a tre anni e sei mesi. L’ultima condannata a due anni e sei mesi, per falso ideologico, è per il giudice di pace (a quel tempo) Stefania Lavore, che di fatto con le sue dichiarazioni mendaci fece trasferire il processo dalla capitale a Perugia.
Cortese è oggi questore di Palermo e Improta capo della Polfer, la polizia ferroviaria.
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