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Un anno dall’esordio della Dad: il 16% dei ragazzi si collega da smartphone

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A un anno dall’esordio della didattica a distanza, resta in chiaroscuro il giudizio degli italiani sul funzionamento della Dad: appena 3 su 10 la valutano positivamente. Fra i genitori di figli in età scolare, il dato cresce al 34%, e raggiunge il 48% fra gli insegnanti. Pur essendo riconosciuta oggi una migliore organizzazione rispetto alla fase emergenziale, un problema – sociale ancora prima che scolastico – grava più di altri sul bilancio della didattica a distanza: per il 51% dei genitori italiani, a 12 mesi di distanza, in Dad non è ancora garantito un accesso adeguato a tutti gli studenti. Sono alcuni dei dati che emergono dall’indagine condotta dall’Istituto Demopolis per l’impresa sociale Con i Bambini, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. L’Istituto diretto da Pietro Vento ha studiato l’evoluzione percepita, il presente e le prospettive della didattica a distanza nella valutazione dell’opinione pubblica, con focus sui genitori di figli minori (5-17 anni), su insegnanti ed operatori del terzo settore. I coprotagonisti di questa sperimentazione indotta dalla pandemia, i genitori italiani, rilevano come la Dad si sia effettivamente meglio strutturata dopo la fase emergenziale (67%) ed abbia prodotto maggiore autonomia nell’uso delle tecnologie da parte dei ragazzi (57%). La durata delle sessioni, tuttavia, non soddisfa ancora la maggioranza: per uno su due, l’orario scolastico completo resta un obiettivo irrealizzato. Nella valutazione di chi ha figli in età scolare, le criticità della Dad, dopo un anno di operatività, restano la distrazione degli studenti durante le lezioni (73%), ma anche la complessa situazione emotiva dei ragazzi (63%) e la scarsa dotazione tecnologica delle case (51%), limite segnalato con maggiore evidenza dagli insegnanti (68%). Si differenziano, genitori ed insegnanti, anche nella valutazione dei carichi di lavoro: eccessivo è stato l’impegno richiesto alle famiglie secondo il 39% dei genitori; il dato cresce al 61% tra chi ha i figli alle elementari. Inoltre, per il 31% dei genitori l’orario scolastico è troppo ridotto: sul tema concorda appena il 15% degli insegnanti. A distanza di un anno, malgrado i mesi di riorganizzazione ed i fondi a disposizione per i dispositivi, il 16% dei ragazzi si collega ancora oggi da smartphone. Del resto, il 41% dei genitori intervistati confessa di aver avuto difficoltà a supportare i figli in Dad proprio per connessioni o dispositivi insufficienti in casa. 3 su 10 segnalano la difficile conciliazione dei tempi lavorativi con le dinamiche della didattica a distanza. Circa un quinto segnala di non essere stato in grado personalmente di supportare i figli nell’attività didattica. “L’indagine – spiega Pietro Vento – conferma il costo sociale ed evolutivo imposto dall’emergenza e dalla chiusura prolungata delle scuole su bambini e ragazzi, con effetti consistenti sull’incremento delle disuguaglianze e della povertà educativa tra i minori nel nostro Paese. Nell’anno del Covid, un vastissimo orizzonte di normalità relazionale, di dinamiche sociali, di occasioni di apprendimento è stato precluso ai minori. L’83% dei genitori testimonia come l’aspetto maggiormente negativo nella didattica a distanza, per bambini e ragazzi, sia stata l’assenza di relazioni con i compagni”. Per il 65% la fatica nel seguire le lezioni in remoto si è rivelata una grave ipoteca sulla quotidianità. 6 genitori su 10 segnalano oggi la tendenza dei figli all’isolamento e all’abbandono della vita sociale; il 55% ricorda il danno della riduzione degli stimoli esterni alla scuola.

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Redazione Nazionale

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