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[VIDEO] Palagonia, rapinatore beccato grazie al DNA lasciato dopo aver bevuto un caffè

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I Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Palagonia hanno arrestato un 33enne del posto, in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale calatino in ordine ai reati di rapina aggravata e porto di armi od oggetti atti ad offendere.

Le indagini, coordinate dal Procuratore della Repubblica di Caltagirone, Dott. Giuseppe VERZERA, hanno fatto piena luce sulla rapina commessa lo scorso 20 aprile ai danni di una tabaccheria ubicata in via Savona 48 a Palagonia.

L’indagato, con il volto travisato e armato di coltello, fece irruzione nell’esercizio commerciale dove, sotto la minaccia dell’arma, costrinse la titolare a riporre i 500 euro contenuti nella cassa all’interno di una borsa “gentilmente” fornita dal criminale. Compiuta la rapina, il malvivente fuggì a piedi imboccando via Delle Cave.

Gli investigatori dell’Arma, intervenuti immediatamente sul posto, ricostruendo le fasi della rapina, anche grazie alle immagini registrate dal sistema di video sorveglianza, rinvennero in via Delle Cave un cappellino verde e bianco, una borsa di plastica di colore bleu e rossa,   un coltello con la lama rossa, nonché, in piazza Risorgimento, a circa 300 metri di distanza dall’esercizio commerciale, un giubbotto di pelle nero e uno scaldacollo di colore bleu, il tutto perfettamente corrispondente con quanto indossato e impugnato dall’uomo nel corso del fatto reato.    

La conoscenza dell’humus delinquenziale operante nella zona, ha indirizzato le indagini verso l’odierno indagato che, in occasione di un fotosegnalamento eseguito nel dicembre 2020 (servizio antidroga), indossava un giubbotto di pelle nero molto simile per alcuni segni distintivi a quello ritrovato in piazza Risorgimento.

E proprio nel corso di un controllo finalizzato alla repressione dei reati in materia di stupefacenti l’uomo è stato invitato in caserma per gli opportuni approfondimenti dove ha avuto la possibilità di sorbire un caffè e di lasciare incautamente sul bicchierino che lo conteneva le tracce biologiche del suo DNA che, opportunamente comparate con quelle trovate sul berrettino e lo scaldacollo, sono risultate appartenergli.

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Redazione Catania

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