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Catania, le attiviste “Non Una Di Meno” occupano l’ospedale Santo Bambino. Intervista

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Le attiviste di Non Una Di Meno Catania fanno tappa all’ospedale Santo Bambino.

Verso lo sciopero globale femminista e transfemminista dell’8 marzo 2021, vogliono chiarire che il tema della salute e della salute delle donne in particolare deve restare al centro dell’attenzione.

Le attiviste di Non Una di Meno Catania dichiarano: “Il Covid non ci ferma. Nel pieno rispetto delle norme anti-contagio la nostra lotta e le nostre rivendicazioni stamani, 6 marzo 2021, passano dall’Ospedale Santo Bambino”.

Musumeci parla di “processo di rigenerazione urbana”, Pogliese esulta per i 116 milioni promessi dalla Regione per sovvenzionare la riqualificazione delle aree ospedaliere dismesse del centro. 

Il modello così realizzato abbandona la tanto decantata medicina territoriale, che si è rivelata essenziale in questa difficile fase storica dominata da una pandemia. La rivendicazione delle attiviste è molto chiara, invece di pianificare interventi di rafforzamento del sistema sanitario affinché si possa creare una rete di assistenza e cura capillare e diffusa su tutto il territorio, si lavora e si investe denaro pubblico per cambiare destinazione d’uso a strutture ospedaliere già conformi e utilizzabili.

Una attivista di Non una di Meno dichiara “Qui al Santo Bambino, per esempio, esiste un consultorio funzionante e dotato di macchinari che nell’idea del Comune e della Regione dovrebbe essere smantellato. L’assessore Trantino dichiara, infatti, che un’idea che si sta prendendo in considerazione insieme alla Regione Siciliana potrebbe anche essere la demolizione dello Spedalieri e un suo trasferimento al posto dell’ex Santo Bambino. Siamo felici che l’assessore Trantino voglia riempire la città di piazze e luoghi di aggregazione, ma quello che mancano, se non se ne fosse accorto, sono i servizi.”

Negli ultimi cinque anni ben 208 consultori sono stati spazzati via dai tagli alla sanità pubblica, il diritto alla salute viene negato di fatto ogni volta che un quartiere perde un consultorio, un ambulatorio, un ospedale. Per questo la scelta del Santo Bambino, che era un ospedale ginecologico che assolveva ai bisogni di tutti i quartieri del centro storico di Catania, quartieri popolari densamente abitati. Oggi è rimasto solo il Consultorio. Domani non ci sarà nulla. .

Durante questa pandemia, i servizi che hanno maggiormente subito riduzioni di disponibilità sono quelli relativi al parto ed alla IVG (interruzione volontaria di gravidanza). I punti nascita sono essenziali, come è essenziale il diritto all’IVG, soprattutto a quella farmacologica che la nostra Regione, de facto, non sta erogando a dispetto di precise linee guida ministeriali emanate l’anno scorso. 

Tutto ciò si inserisce in una cornice di smantellamento del welfare state dettato da politiche nazionali di austerity che hanno comportato tagli alle risorse del Servizio Sanitario Nazionale per 37 miliardi di euro, determinando la chiusura di 359 reparti e la perdita di 70 mila posti letto.

Le attiviste esprimono una richiesta precisa “Chiediamo di poter avere parola sulla destinazione d’uso di questi spazi, pretendiamo che i processi decisionali siano chiari e trasparenti e non affidati a dichiarazioni scomposte, inappropriate e illegittime. Chiediamo che il Consultorio del Santo Bambino non venga chiuso e che il Santo Bambino torni ad essere un pronto soccorso ginecostetrico. 

Chiediamo che al Santo Bambino sia costantemente presente un servizio di ambulanze per gestire le emergenze. Chiediamo il potenziamento della rete sanitaria territoriale, il rifinanziamento dei consultori, la tutela della nostra salute. Non ci fermeremo. Questo è il primo di una lunga serie di passi che intendiamo intraprendere per riprenderci quello che è nostro!” 

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Redazione Catania

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