Draghi: “Prepariamoci ad un’economia di guerra”

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“L’Europa e l’Italia non sono in una fase di economia di guerra”, ma il futuro preoccupa e bisogna prepararsi, soprattutto se il conflitto in Ucraina dovesse continuare a lungo”, così Mario Draghi a Versailles.

Le relazioni commerciali stanno velocemente cambiando dallo scoppio del conflitto in Ucraina, proprio per evitare shock prolungati per la fornitura di energia e materie prime alimentari. Per questo il premier italiano mette in guardia l’Unione Europea.

Quando scoppia un conflitto tutto cambia: dalle normali vite delle persone alla sicurezza mondiale, fino ai sistemi economici dei singoli Paesi e alle relazioni commerciali globali.

Questo sta succedendo anche oggi con la situazione bellica in Ucraina. Non è un caso che è tornata in auge anche l’espressione economia di guerra.

Insomma, se un Paese entra in un conflitto bellico ha bisogno immediato di tutto il necessario per combattere, come armi, carri armati, carburante per i mezzi militari, e ovviamente, sostentamento per le truppe. Dinanzi a questi bisogni impellenti, che diventano primari, lo Stato deve procurarsi risorse finanziarie ingenti per portare avanti innanzitutto la macchina bellica. Solitamente si fa attraverso misure straordinarie e dalla portata importante, che riguardano: tasse, debito pubblico (sia interno sia estero), inflazione. Una nazione potrebbe anche contare su donazioni private.

Sono richiesti sacrifici e cambiamenti rispetto alla consueta gestione della spesa pubblica. Si parla, quindi, anche di razionamento nell’uso civile delle risorse di prima necessità e di materie prime per dirottarle nell’industria bellica. Meno carburante, pane, per fare esempi, alla popolazione e maggiori rifornimenti all’esercito.

L’industria pesante, alla fine, è l’unica che trova un forte sviluppo.

L’imperativo, però, è di prepararsi, che non significa che deve accadere questo scenario con probabilità alta, altrimenti ci sarebbe già stato il razionamento. E, a detta del presidente del Consiglio, non siamo nemmeno dinanzi alla crisi dell’approvvigionamento di cibo.

Draghi ha ricordato, comunque, che le interruzioni dei flussi di forniture possono succedere, soprattutto se ci sarà la guerra ancora per molto.

La soluzione è riorientare l’approvvigionamento verso altri mercati, come sta accadendo con l’energia, mettendo in moto nuove relazioni commerciali. In agricoltura, per esempio, si guarda a Canada, Stati Uniti, Argentina. C’è quindi fermento economico anche in Italia a causa del conflitto in Ucraina.

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Redazione Nazionale

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