Una grande pittrice di scuola caravaggesca, ma anche una grande donna che ebbe il coraggio di ribellarsi e denunciare il suo stupratore. A 427 anni dalla nascita Google celebra oggi con un doodle Artemisia Gentileschi.
Molti critici hanno fornito una lettura dell’opera della Gentileschi in chiave “femminista”, anche se il femminismo come movimento culturale nascerà durante l’Ottocento. Il percorso biografico della pittrice si è dipanato infatti in una società dove la donna spesso rivestiva un ruolo subalterno, e quindi miseramente perdente: nel Seicento, dopotutto, la pittura era considerata una pratica esclusivamente maschile, e la stessa Artemisia, in virtù del suo sesso, dovette fronteggiare un numero impressionante di ostacoli e impedimenti.
La sua vita ed il suo successo furono offuscati da un terribile scandalo che segnò profondamente la sua vita e la sua arte. Nel 1611 infatti, Artemisia venne stuprata da Agostino Tassi, collega ed amico di suo padre il quale denunciò il fatto. Dopo il processo, il carnefice fu incarcerato mentre Artemisia fu costretta a lasciare Roma.
La carriera di Artemisia fu l’unica tra quella delle persone coinvolte a subire le conseguenze. Ma la sua perseveranza ed il suo talento riuscirono a farle ottenere dei grandi risultati. La donna si trasferì a Firenzedopo le nozze e fu la prima donna ammessa all’accademia delle arti del disegno. Riuscì ad intessere rapporti con i personaggi più influenti del suo tempo, a partire da Cosimo II de’ Medici. Fu amica di Galileo Galilei, con cui intrattenne un lungo rapporto epistolare e fu amata dal nipote omonimo di Michelangelo Buonarroti.
Grazie al suo talento ed alla sua capacità di mantenere ottimi rapporti con personaggi importanti della sua epoca, raggiunse importanti traguardi. Inoltre Artemisia riuscì a crearsi un proprio stile seguendo le orme di Caravaggio. Le sue figure sono monumentali, espressive, vivaci, quasi teatrali.
L’arte di Artemisia
Alcuni suoi quadri sono stati letti da un punto di vista psicoanalitico: nella sua prima opera, Susanna e i Vecchioni, c’è chi vede il padre e il suo aggressore, Tassi.
Nella Giuditta che decapita Oloferne, che ritrae l’episodio in cui Giuditta, l’eroina biblica, assieme ad una sua ancella, si reca nel campo nemico; qui circuisce e poi decapita Oloferne, il feroce generale nemico. Opera di grande violenza, e c’è chi legge il desiderio di vendetta dell’autrice contro il suo stupratore.
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