Pubblicato il 13 Dicembre 2022
Così Irama.
Vive di notte e dorme di giorno, è di buona famiglia ma è cresciuto in strada, i genitori a occhio li ha fatti diventare matti, Maria De Filippi lo ha soprannominato “Il ragazzo Paranoia”, non ha finito gli studi ma si appassiona appena parla di antico Egitto.
Il camaleontico artista si racconta al Corriere e si scioglie sempre quando ricorda sua nonna, che non c’è più e alla quale ha dedicato “Ovunque tu sarai”, il brano con cui ha concorso nella scorsa edizione di Sanremo.
Filippo Maria Fanti è nato a Carrara 26 anni fa ma è cresciuto a Monza. Nel suo curriculum di cantante ci sono 39 dischi di platino mentre gli streaming arrivano a oltre 1 miliardo e 600 milioni.
“Non penso ovviamente di essere un mito per i ragazzi e non ho mai mitizzato nessuno, mi piace pensare che ci sono state persone che mi hanno cresciuto anche involontariamente a livello artistico. Da bambino Guccini e De André erano i miei punti di riferimento: Re Carlo di De André la vivevo come una favola, la ascoltavo in loop come fosse una storiella. Cirano di Guccini mi piaceva per l’immaginario creato dentro una storia meravigliosa”, racconta.
“Sono cresciuto tanto per strada, ho vissuto il mondo dei quartieri nel bene e nel male. All’epoca a Monza sembrava di stare nel film I guerrieri della notte, una battaglia tra bande. Ho avuto esperienze molto brutte che mi hanno formato; ho anche rischiato di morire ma non voglio parlarne. Chi ne parla di più è chi non sa un c… di strada, chi racconta di essere stato un gangster non sa neanche cosa sia. Andavo a casa di amici che non avevano nemmeno le porte, avevano genitori che erano una catastrofe, ho visto scene terribili ma molti di quei ragazzi erano migliori di altri, non enfatizzavano il concetto di criminalità e cercavano di uscirne. L’adolescenza è un momento delicatissimo, subisci influenze negative e positive e sta a te fare la sintesi, trovare le persone giuste. Per me è stato un bel bagaglio di esperienza”, rivela.
“Iniziai con il Classico, poi ho frequentato tanti licei, ma a 17 anni ho avuto il mio primo contratto discografico e già mi dedicavo alla musica. Non ci andavo proprio a scuola. A un preside chiesi se potevo fare gli esami quando avevo finito una serie di concerti: posso recuperare la settimana dopo? No, se non vieni prendi zero, mi rispose. Avrei dovuto fare le private, ma ero troppo preso dalla musica. Quando a 17 anni ho dimostrato loro di sapermi mantenere da solo, che avevo trovato la mia strada, che avevo qualcosa di concreto in mano, i miei genitori si calmarono perché capirono che la musica era davvero quello che volevo fare. Non era solo un sogno ma stava diventando il mio lavoro. Ancora adesso però mi fanno le battutine perché non ho finito le scuole”, dettaglia.
“Ho esordito tra le Nuove Proposte di Sanremo. C’erano anche Mahmood, Ermal Meta e Francesco Gabbani. Fu un’annata magica grazie alle scelte di Carlo Conti che ci scoprì tutti quanti. Mi iscrissi mettendomi in fila come dal salumiere, prendendo il mio ticket e aspettando che qualcuno mi chiamasse. Mi notarono e da lì iniziò il mio percorso, travagliato, pieno di alti e bassi. Ad Amici, nel 2018, mi rimisi in gioco, facendo una scommessa con me stesso. E andò bene. L’ultimo disco di platino l’ho regalato proprio a Maria De Filippi pochi giorni fa ringraziandola ancora perché tanto del mio inizio lo devo sicuramente a lei. Mi sembra passato un secolo, ma penso che la vita degli artisti vada contata come quella dei cani: un anno ne dura sette”.
“Più cresco e più capisco che le cose che mi piace fare sono quelle apparentemente più stupide. Non voglio fare il pesantone, ma mi piacerebbe rientrare nella cucina a Pontremoli di mia nonna. Ricordo nitidamente un giorno che le dissi che le volevo bene mentre l’abbracciavo e le toccavo le guance…”.
“Anche se non sembra lavoro tantissimo; non faccio una vacanza da quattro anni, al massimo mi concedo quattro giorni di pausa, infatti le mie ragazze mi hanno sempre odiato per questo: andavamo dall’altra parte del mondo e poi dopo 96 ore me ne dovevo già andare”.
“Faccio tantissimi incubi, tutti sempre diversi. È una maledizione. Vorrei capire perché mi succede: se è legato alla mia mente malata o alla mia vita sregolata. In questo sono lo stereotipo dell’artista: vivo di notte e dormo di giorno. Ma a mia discolpa c’è che lo faccio fin da bambino. Da ragazzino mi chiudevo in bagno fino alle 6/7 del mattino a cantare, cantavo e scrivevo e rimanevo sveglio. E mia madre sopportava questo mio disagio. Ancora oggi mi capita di entrare in studio a mezzanotte e uscirne alle 7 del mattino, sono l’incubo di tutti i fonici d’Italia”, conclude.