Issaka Coulibay: il portiere della squadra dei rifugiati è morto di freddo

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“Abbiamo appreso con estremo dispiacere della morte di Issaka Coulibay, il portiere di una squadra di amici che qualche volta è venuto ad allenarsi con noi negli scorsi anni”.

Così, sulla bacheca Facebook, la squadra del St. Ambroeus, società sportiva milanese che cinque anni fa è stata la prima in Italia a iscrivere a campionati Figc una squadra composta da rifugiati e richiedenti asilo.

Issaka, 27enne calciatore, originario del Togo, dopo anni di clandestinità, il 25 novembre scorso è stato ritrovato senza vita in un capannone abbandonato in via Corelli, a Milano.

In tasca aveva un documento che aveva permesso di identificarlo.

Nessun segno di violenza: era morto di freddo.

Due mesi dopo, la squadra ha ricostruito la sua storia: Coulibaly aveva giocato nella squadra milanese del “Piccione”, iscritta al campionato di Seconda Categoria, proprio sui campi di via Corelli, nel ruolo di portiere.

“Ci sono morti per cui si può solo provare enorme dispiacere, ci sono morti invece per cui non si può che provare molta rabbia – si legge nel post della società – Morire di gelo in una città come Milano non può essere classificato semplicemente come morte naturale, se a Issaka fosse stato concesso di vivere regolarmente con dei documenti molto probabilmente non staremmo scrivendo questo post, e lui, con una vita regolare, magari starebbe pensando a come rincominciare il campionato dopo la pausa invernale. Issaka è morto di clandestinità, perché quando non ti viene concesso di avere dei documenti sei costretto a vivere e a morire ai margini della società, senza un permesso di soggiorno, senza la possibilità di lavorare regolarmente, senza la possibilità di affittare una casa, guidare una macchina o accedere a quei servizi basilari che sono concessi a tutti. Eri un portiere fortissimo, ti vogliamo ricordare così, in mezzo ai pali del torneo estivo del Pini che porti la tua squadra in finale. Che la terra ti sia lieve. Giustizia per Issaka, e documenti per tutte e tutti. La clandestinità uccide”.

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Redazione Nazionale

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