Lettera aperta di Enrico Lorenzoni, presidente Union Pro 1928 Eccellenza Veneta

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«Mi sento tradito, perché chi è sopra di noi in realtà è distante da noi, ma soprattutto perché mi addolora il tempo e le opportunità rubate ai nostri figli»

Ho fatto ciò che mi hanno chiesto. Ho affrontato protocolli, linee guida, ordinanze e mi sono adeguato. Mi hanno detto di chiudere gli impianti ed li ho chiusi, mi hanno detto di fare allenamenti distanziati e l’ho fatto. Mi hanno imposto di sanificate spogliatoi e palloni ed ho eseguito. I miei bambini sono venuti in campo con la mascherina e con la loro borraccia con il nome scritto a pennarello; i genitori sono rimasti fuori ad aspettarli. Ho misurato la febbre a migliaia di persone, raccolto numeri di telefono di mezzo mondo; ho fatto fare la doccia distanziati, ho fatto mangiare il gelato seduti e fermi, ho chiesto sacrifici a bambini di 6 anni.

Ho speso i soldi che nemmeno avevo per comprare gel e disinfettanti, ho dovuto metterli di tasca mia per poter andare avanti. Ho chiesto pagamenti ai genitori, pur nel dubbio di poter fare allenare i figli, per poter affrontare la stagione. Dopo tutto ciò, dopo che faticosamente mi sono adeguato, mi dite che devo chiudere? Ma non solo, permettete che mentre noi stiamo fermi, i professionisti possano invece giocare? Abbiamo fatto sacrifici volentieri, lottando per i nostri ragazzi, affinché in questo periodo particolare non fossero privati almeno della possibilità di giocare, di sudare, di divertirsi, anche se sempre in sicurezza. Ma, a questo punto, dopo aver sentito centinaia di parole, dopo aver subito disposizioni di ogni genere, mi fermo un attimo e mi rendo conto che, per un motivo o per un altro, chi dovrebbe tutelarci non ha mai preso veramente a cuore le nostre esigenze. E lo dico perché mi sento tradito, perché chi è sopra di noi in realtà è distante da noi, ma soprattutto perché mi addolora il tempo e le opportunità rubate ai nostri figli.

Perché noi per primi siamo scesi in campo, rischiando e mettendoci la faccia, sensibilizzando le persone attraverso la cura del corpo e della mente. Siamo prima di tutto educatori e sentiamo la responsabilità morale di continuare con ogni mezzo ad aiutare i ragazzi a stare meglio, a vivere questo momento storico così difficile. Perché se i ragazzi hanno un posto sicuro dove andare, possono ancora preservare la propria salute, possono distrarre la mente da quanto sta accadendo e possono evitare di esporsi ai pericoli veri.

Vorrei ricordare a chi di dovere che quelli messi al palo sono dei ragazzini che la sera non vanno in giro, che non trovi a far baldoria nei locali, ai quali, tolto questo, hanno tolto praticamente tutto. Giocassero a pallone per strada il rischio del contagio sarebbe molto più alto che all’interno dei nostri impianti. Noi, unitamente alle famiglie, li avremmo potuti aiutare a coltivare il tempo in modo proficuo, ma anche ad essere disciplinati ed a rispettare le regole. Il Governo, avulso ed estraneo dalle dinamiche di questo mondo, indifferente alle esigenze dei nostri ragazzi, ha peccato di superficialità ed ha sentenziato un’inutile quanto immotivata verità: la morte dello sport. Definire, come ho sentito, “superflua” l’attività sportiva è espressione di ignoranza, incultura e mancanza di sensibilità. Ma anche chi è deputato a gestire, organizzare e difendere il nostro mondo, il calcio, lo sport, si è arreso supinamente e non ha nemmeno tentato di intervenire ed arginare la deriva degli eventi.

Se chi ci governa non ha compreso questo ruolo essenziale che noi abbiamo nella vita dei ragazzi, e se nemmeno chi ci rappresenta ha pensato di ricordarglielo, ritengo che sia la mia voce, e spero insieme a quella di tanti altri presidenti di tutta Italia, a doversi levare, per far sì che tutti i calciatori, al di fuori delle etichette, si sentano ancora parte di un mondo in cui si possa sempre tirare un calcio al pallone, piuttosto che essere relegati su di un freddo divano! Senza dimenticare il destino a cui queste decisioni ci condannano, poiché, se un giorno finalmente sconfiggeremo questo nemico invisibile, non è detto che, guardandoci intorno, ritroveremo tutti.

Molte società saranno state sacrificate, molti progetti e sogni vanificati. Pretendo che gli sforzi ed i sacrifici da noi fatti vengano rispettati. Ma, soprattutto, ritengo che i nostri ragazzi siano considerati priorità e non capri espiatori da sbattere davanti a una consolle. Togliete i nostri figli dall’angolo!

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Paolo Favaretto

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