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Mafia dei Nebrodi, il Ros sequestra beni a Vincenzo Galati Giordano

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Una società agricola utilizzata per l’indebita percezione di contributi economici comunitari erogati dall’AGEA, un appartamento, un’autovettura e otto rapporti bancari per un valore complessivo stimato di oltre 210.000 euro. È a quanto ammonta il sequestro di beni eseguito oggi dai Carabinieri del ROS, con il supporto in fase esecutiva del Comando Provinciale Carabinieri di Messina, a carico di Vincenzo Galati Giordano, attualmente detenuto, del clan dei “batanesi” che hanno base a Tortorici, sui Nebrodi, nonché operante sulla fascia tirrenica della provincia di Messina.

Il provvedimento trae origine dall’indagine Nebrodi condotta dal ROS che aveva documentato come i “Batanesi”, a seguito della disarticolazione della famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto (ME), avessero progressivamente esteso il loro controllo sul territorio dei Nebrodi e della fascia tirrenica messinese, all’area di Montalbano Elicona, un tempo controllata dai “Barcellonesi”, insediando una loro “cellula” nel territorio di Centuripe, funzionale alle relazioni con esponenti del clan etneo “Cappello”, e inserendosi in alcune dinamiche criminali anche nelle aree di Regalbuto e di Catenanuova, ove sono stati censiti rapporti con esponenti della criminalità organizzata locale e catanese. Le indagini, inoltre, avevano evidenziato come erano stati sviluppati rapporti, funzionali agli illeciti, con altre consorterie mafiose a livello provinciale e ultra-provinciale.

Tre le varie attività delittuose, è emersa un’ampia e collaudata strategia per la commissione di plurime truffe finalizzate all’indebita percezione di rilevanti contributi europei, erogati dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (A.G.E.A.) a sostegno dell’agricoltura e della pastorizia. Vincenzo Galati Giordano, raggiunto il 15 gennaio 2020 da custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa nell’ambito della citata operazione Nebrodi, è risultato figura di rilievo dei “batanesi”, tanto da averne retto le fila durante il periodo di detenzione di Sebastiano Bontempo, capo del gruppo criminale. L’appartenenza dell’interessato al sodalizio mafioso è, peraltro, sancita dalle sentenze definitive relative alle indagini Mare Nostrum e Montagna. 

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Redazione Messina

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