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Manette a chi inneggia alla criminalità e a chi fa inchini alle processioni: la proposta di legge

Pubblicato il 28 Agosto 2024

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono tra gli uomini che con la loro morte hanno tracciato la strada da seguire per combattere la criminalità e la malavita, anche se in certi ambienti sembra davvero complicato estirpare il seme dell’illegalità. Per questo motivo Francesco Emilio Borrelli, deputato di Alleanza Verdi Sinistra sempre in prima fila per portare avanti battaglie in nome della legalità, ha firmato una proposta di legge che rappresenterebbe uno stretto giro di vite contro i comportamenti che inneggiano alla criminalità.

Cosa dice la proposta di legge

Nelle canzoni di alcuni cantanti neomelodici, spesso legati direttamente o indirettamente a famiglie o clan camorristici, si sentono strofe inneggianti alla criminalità organizzata che esaltano mafiosi e capoclan e che invece denigrano forze dell’ordine o pentiti. La proposta di legge prevede pene severe anche per chi autorizza il cosiddetto “inchino” dei santi in occasione delle processioni delle feste di paese davanti a case di boss, mafiosi e pregiudicati. La proposta di legge chiede dunque di introdurre nel codice penale una nuova tipologia di reato: l’apologia della criminalità organizzata e della criminalità mafiosa.

Avviso a social, media e giornali

Come si legge nel testo rischia grosso anche chi divulga solo il contenuto inneggiante alla criminalità, pur non essendone l’autore diretto. In sostanza chi inneggia a persone legate alla criminalità organizzata o alla criminalità mafiosa tramite spettacoli pubblici o la diffusione di testi o produzioni audio e video o attraverso i social o qualsiasi altro mezzo telematico, rischia fino a 3 anni di carcere, a meno che il fatto non costituisca un reato ancora più grave.

Quando il delitto viene commesso tramite i social network, tv o radio, il responsabile può essere punito con una multa che va dai 5.000 ai 10.000 euro con l’obbligo di rettifica con identica visibilità della pubblicazione illecita. Inoltre si spiega con chiarezza che per la diffusione di immagini e contenuti inneggianti alla criminalità non sarà possibile appellarsi a motivazioni o finalità di carattere artistico, storico, letterario o riferibili al folclore, a consuetudini o usi locali.

Nel mirino della proposta di legge anche quelle persone che finanziano o eseguono direttamente manufatti o murales inneggianti a persone o fatti legati alla criminalità organizzata. Uno dei casi più eclatanti riguarda il murales rimosso a Catania che raffigurava un giovane malavitoso ucciso in un regolamento di conti, o quello nei Quartieri Spagnoli a Napoli di Ugo Russo, minorenne ucciso mentre stava facendo una rapina.

Borrelli contro il Denaro Messina Style

Borrelli ha sottolineato come negli ultimi anni a Napoli si stava diffondendo la pratica barbara di realizzare murales inneggianti a criminali e mafiosi, ma anche altarini in onore di persone decedute legate alla criminalità organizzata. “L’intervento” – come ha spiegato il deputato – “si è basato soprattutto sulla mancanza di autorizzazioni per la loro realizzazione e non risultano puniti, né addirittura individuati, gli autori delle opere”.

Inoltre Borrelli ha sottolineato un’altra pericolosa pratica e cioè la diffusione del cosiddetto “Messina Denaro Style”, cioè l’abitudine di indossare gli stessi panni che il mafioso indossava al momento dell’arresto e che è stata alimentata anche grazie a diversi commercianti. Lo stesso Borrelli l’anno scorso condivise un video che ritraeva un bambino vestito da Messina Denaro, iniziativa che suscitò polemiche e indignazione.

Su questa strada si è mosso anche il sindaco di Agrigento, che ha vietato nei negozietti di souvenir la vendita di gadget inneggianti alla mafia o che potessero in qualche modo collegare la città, anche se in modo folcloristico, all’idea di criminalità e di malavita.