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Operazione “Centoventuno” a Vittoria: Guardia di Finanza sequestra aziende agricole, appartamenti, conti correnti e gioielli di lusso per 2,7 milioni di euro. Quindici indagati

Pubblicato il 28 Maggio, 2021

E’ stata denominata “Centoventuno” l’operazione che la Guardia di Finanza ha portato avanti nei confronti di un’organizzazione nel vittoriese responsabile di frode ai danni del bilancio UE, bancarotta, emissione ed utilizzo di fatture false e riciclaggio.

I militari del Comando Provinciale di Ragusa hanno dato esecuzione ad
un’ordinanza applicativa di misura cautelare, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di Ragusa su richiesta della Procura della Repubblica nei confronti di questa organizzazione responsabile di numerose truffe per l’indebito ottenimento di finanziamenti comunitari concessi tra il 2013 ed il 2018 per l’impianto e l’ammodernamento di strutture serricole nelle campagne del vittoriese. Sono stati posto sotto sequestro aziende agricole, appartamenti, conti correnti e gioielli di lusso per 2,7 milioni di euro.

Quindici le persone indagate a vario titolo. Per cinque degli indagati i giudici hanno configurato l’accusa di associazione a delinquere, finalizzata alla truffa ai danni della UE all’utilizzo ed emissione di fatture false,
bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio, perché considerati principali artefici dell’intero articolato disegno criminoso, ideato e promosso da T.G. (classe ’56) imprenditore agricolo di Vittoria.

Gli altri quattro, familiari e persone vicine, sono:
– T.S. (classe 1983) di Vittoria (RG), figlia di T.G. e legale rappresentante
protempore di alcune delle società coinvolte;
– T.F. (classe 1991), figlia di T.G., di Vittoria (RG);
– B.M. (classe 1986) di Vittoria (RG), legale rappresentante protempore di alcune
delle società coinvolte e marito di T.S.;
– D.S. (classe 1959) di Comiso (RG), perito agrario incaricato di predisporre i
progetti utilizzati per accedere indebitamente ai finanziamenti ed attestare
falsamente il corretto stato avanzamento lavori (S.A.L.) per l’erogazione dei
contributi.

Tra gli altri indagati, oltre a soggetti piccoli imprenditori che si sono prestati ad agevolare le diverse fasi delle truffe scoperte, figurano anche quattro funzionari ed un dirigente dell’Ispettorato Provinciale Agrario di Ragusa, incaricati di procedere ai controlli per constatare lo stato dei lavori, in realtà non realizzati.

L’indagine delle Fiamme Gialle è scaturita dagli sviluppi di una relazione dell’AGEA inviata in Procura, nella quale venivano segnalate incongruenze in merito alle domande di accesso ai finanziamenti presentate da alcune società agricole che avevano ottenuto l’anticipo di contributi economici previsti dal Programma di sviluppo Rurale Regione Sicilia 2007/2013 – Misura 121.

All’esito degli accertamenti si rilevava l’esistenza di un sodalizio criminale
promosso, coordinato e diretto dall’indagato T.G. che, tramite numerose società agricole a lui o a suoi familiari riconducibili, attraverso un complesso sistema di false dichiarazioni ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, molte delle quali emesse da una società (successivamente fallita), ha ottenuto indebitamente quasi 2 milioni di euro di contributi grazie anche alle condotte di compiacenti funzionari dell’ispettorato Provinciale Agrario di Ragusa.
Il modus operandi utilizzato prevedeva la predisposizione di articolati progetti di ammodernamento, destinati poi a rimanere solo sulla carta, idonei però ad essere resi a base dagli organi eroganti per l’assegnazione ed il pagamento dei contributi.
Infatti, a fronte di un contributo deliberato pari al 40% del valore totale del progetto, vi era immediatamente l’erogazione di un’anticipazione pari al 50% del valore deliberato (20% del totale del progetto). Successivamente, l’istante poteva presentare uno o più stati avanzamento lavori, allegando apposita relazione tecnica, corredata dalle fatture quietanzate riportanti gli estremi della data e del numero del titolo di spesa, del nominativo del fornitore, dell’imponibile e della descrizione della fornitura, per ottenere fino ad un ulteriore 45% del contributo deliberato.
Difatti l’istante poteva ottenere dal momento in cui la propria domanda risultava ammissibile e fino a quanto i lavori erano completati un ammontare pari al 95% del contributo riconosciutogli.
In sintesi si è appurato che:

  • tutte le aziende agricole beneficiarie dei contributi, dapprima sotto forma di società semplici, erano tutte formalmente intestate a parenti e affini del principale
    indagato T.G.;
  • per agevolare l’esito favorevole dell’accoglimento delle istanze tendenti
    all’ottenimento dei contributi economici le società venivano trasformate nella natura giuridica diventando società a responsabilità limitata (s.r.l.);
  • le somme erogate mediante esibizione di fatture per operazioni inesistenti
  • venivano successivamente fatte transitare da un’azienda all’altra per poi confluire
  • nelle disponibilità degli indagati;
  • nessuna opera di completamento dei lavori indicati nei progetti era stata
    eseguita nonostante le attestazioni dei periti e degli Ispettori Provinciali, rilevatesi false. Infatti, i sopralluoghi effettuati in corso di indagine da parte dei militari operanti accertavano, nei luoghi indicati per i lavori eseguiti, la presenza solo di vecchie strutture serricole che non avevano subito alcun ammodernamento ed in alcuni casi venivano rinvenute targhette che permettevano di verificare che gli impianti erano stati realizzati con precedenti finanziamenti pubblici;
  • una delle società utilizzate per l’emissione delle false fatture impiegate per giustificare fittiziamente i lavori eseguiti è fallita nel 2019 anche a causa del dissesto finanziario causato dagli indagati.

    L’attività in esame costituisce un esempio dell’impegno che la Guardia di Finanza sviluppa quotidianamente nella lotta agli sprechi di denaro pubblico allo scopo di tutelare un utilizzo trasparente ed efficiente dei finanziamenti nazionali e comunitari, tanto più importante in un contesto emergenziale come quello attuale.

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