“La pace è la stella polare – afferma il vice segretario del Pd – Inviare le armi non è stata una scelta facile, ma non ci si poteva voltare dall’altra parte. L’alternativa era la resa. E se Davide chiede una fionda contro Golia, siamo sicuri che sia moralmente giusto negargliela?”
“C’è tutta una tradizione del disarmo nell’era nucleare che merita rispetto, non può essere ridotta a macchietta. Io penso che il disarmo unilaterale sia la resa. Ma i pacifisti sono pacifisti e devono potersi esprimere liberamente, senza essere considerati fiancheggiatori del nemico – commenta – Io credo che tutti siamo attraversati da due spinte, entrambe con forza morale. Quella di aiutare gli ucraini, anche a difendersi, e quella di riprendere la via del dialogo, della pace, non scivolare verso una guerra mondiale”.
“Compito della politica, e certamente nostro, è proprio tenerle insieme, evitare una lacerazione tra queste due istanze – continua – Discutere della strategia e delle spese militare invece non solo è legittimo, ma doveroso. Non metterei in discussione gli obblighi internazionali. Ma il 2% di spesa militare non può diventare un feticcio. È un errore anacronistico la corsa solitaria al riarmo dei singoli Paesi. La prospettiva dev’essere la difesa comune europea. È la cornice che conta. Anche perché l’aumento della spesa militare è insostenibile se avviene a scapito della spesa sociale, ora che dobbiamo fronteggiare le conseguenze economiche della guerra. E la cornice è l’Europa”.
“La questione della Nato la sinistra l’ha risolta nel 1976, con Berlinguer – ricorda – Ma un conto è un’alleanza militare difensiva, un altro è l’Europa, una comunità di popoli e di destino che ora deve trovare la sua autonomia strategica. È la stessa differenza che deve passare tra una mera logica di deterrenza e un nuovo multipolarismo. I migliori analisti, anche statunitensi, ci dicono che dopo il crollo dell’Urss è stata mancata l’occasione di trovare un nuovo equilibrio. Abbiamo pensato solo agli affari. E che questo bastasse a garantire la pace. Ora vediamo drammaticamente che i McDonald’s non possono sostituire la politica”.
“Noi abbiamo lanciato la proposta di una “nuova Helsinki”, una conferenza sulla sicurezza e sulla cooperazione internazionale che veda protagonista l’Europa, che scongiuri non solo la guerra calda, ma anche il ritorno a una nuova guerra fredda – conclude – La Russia non è Putin, cedere a questa equiparazione è un favore al tiranno. Già ne abbiamo fatti troppi. Il problema di filo-putinismo ce l’ha la destra. In particolare quella italiana. Il silenzio di Berlusconi, i legami consolidati della Lega di Salvini con il partito di Putin, ma anche Giorgia Meloni, che ancora guarda a Trump, l’altro polo del vento conservatore e reazionario che non a caso definisce Putin “un genio”. Poi c’è qualche “cretino di sinistra”, avrebbe detto Leonardo Sciascia. Quelli che sono talmente complessi da ignorare anche la verità più banale: al Cremlino non sventola bandiera rossa, sventola bandiera nera”.
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