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Ucraina

Provenzano (Pd): “I cretini di sinistra non vedono che al Cremlino non sventola bandiera rossa ma nera”

“È la fine dell’età della sicurezza, come ne Il mondo di ieri, di Stefan Zweig, un libro che rileggo in questi giorni con angoscia. Quando ci sono un aggressore e un aggredito hai il dovere della scelta, nessuna

Pubblicato il 28 Marzo, 2022

“È la fine dell’età della sicurezza, come ne Il mondo di ieri, di Stefan Zweig, un libro che rileggo in questi giorni con angoscia. Quando ci sono un aggressore e un aggredito hai il dovere della scelta, nessuna equidistanza è accettabile. Ma questo non significa entrare in guerra”, così Peppe Provenzano nell’intervista rilasciata a La Stampa.

“La pace è la stella polare – afferma il vice segretario del Pd – Inviare le armi non è stata una scelta facile, ma non ci si poteva voltare dall’altra parte. L’alternativa era la resa. E se Davide chiede una fionda contro Golia, siamo sicuri che sia moralmente giusto negargliela?”

“C’è tutta una tradizione del disarmo nell’era nucleare che merita rispetto, non può essere ridotta a macchietta. Io penso che il disarmo unilaterale sia la resa. Ma i pacifisti sono pacifisti e devono potersi esprimere liberamente, senza essere considerati fiancheggiatori del nemico – commenta – Io credo che tutti siamo attraversati da due spinte, entrambe con forza morale. Quella di aiutare gli ucraini, anche a difendersi, e quella di riprendere la via del dialogo, della pace, non scivolare verso una guerra mondiale”.

“Compito della politica, e certamente nostro, è proprio tenerle insieme, evitare una lacerazione tra queste due istanze – continua – Discutere della strategia e delle spese militare invece non solo è legittimo, ma doveroso. Non metterei in discussione gli obblighi internazionali. Ma il 2% di spesa militare non può diventare un feticcio. È un errore anacronistico la corsa solitaria al riarmo dei singoli Paesi. La prospettiva dev’essere la difesa comune europea. È la cornice che conta. Anche perché l’aumento della spesa militare è insostenibile se avviene a scapito della spesa sociale, ora che dobbiamo fronteggiare le conseguenze economiche della guerra. E la cornice è l’Europa”.

“La questione della Nato la sinistra l’ha risolta nel 1976, con Berlinguer – ricorda – Ma un conto è un’alleanza militare difensiva, un altro è l’Europa, una comunità di popoli e di destino che ora deve trovare la sua autonomia strategica. È la stessa differenza che deve passare tra una mera logica di deterrenza e un nuovo multipolarismo. I migliori analisti, anche statunitensi, ci dicono che dopo il crollo dell’Urss è stata mancata l’occasione di trovare un nuovo equilibrio. Abbiamo pensato solo agli affari. E che questo bastasse a garantire la pace. Ora vediamo drammaticamente che i McDonald’s non possono sostituire la politica”.

“Noi abbiamo lanciato la proposta di una “nuova Helsinki”, una conferenza sulla sicurezza e sulla cooperazione internazionale che veda protagonista l’Europa, che scongiuri non solo la guerra calda, ma anche il ritorno a una nuova guerra fredda – conclude – La Russia non è Putin, cedere a questa equiparazione è un favore al tiranno. Già ne abbiamo fatti troppi. Il problema di filo-putinismo ce l’ha la destra. In particolare quella italiana. Il silenzio di Berlusconi, i legami consolidati della Lega di Salvini con il partito di Putin, ma anche Giorgia Meloni, che ancora guarda a Trump, l’altro polo del vento conservatore e reazionario che non a caso definisce Putin “un genio”. Poi c’è qualche “cretino di sinistra”, avrebbe detto Leonardo Sciascia. Quelli che sono talmente complessi da ignorare anche la verità più banale: al Cremlino non sventola bandiera rossa, sventola bandiera nera”.

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