Tra le fila dei fedelissimi di Vladimir Putin si starebbe respirando un clima teso. Molti di loro, tenuti all’oscuro dell’attacco in Ucraina e sottoposti dall’Occidente a sanzioni sempre più pesanti, avrebbero ormai perso la pazienza. Un quarto dei funzionari che occupano posizioni di vertice vorrebbe addirittura dimettersi per protesta.
Secondo quanto riportato da Repubblica, i corridoi del Cremlino sarebbero attraversati da un malumore generale. E non solo per un’operazione militare decisa da Putin e, probabilmente, condivisa con pochi intimi. Ma anche (e soprattutto) per il contraccolpo economico derivante dal progressivo isolamento della Russia dal blocco economico occidentale. Fonti russe sostengono che perfino gli uomini più vicini a Putin non sarebbero stati informati in merito all’operazione in Ucraina, e che quindi si sentirebbero ingannati dal presidente.
Gli oligarchi e i manager russi, conosciuti all’estero per le loro ricchezze, osservano adesso i loro imperi evaporare come neve al sole. Si dice inoltre che molti uomini del potere vorrebbero battere i pugni sul tavolo e andarsene per protesta. Non possono tuttavia fare niente del genere, a meno di non fare i conti con una pesante accusa di tradimento. “Puoi dimetterti solo per andare in galera. Dimettersi adesso verrebbe visto come un tentativo di fuga”, ha spiegato al sito Agentsvo una fonte anonima.
A quanto pare, fra i pochissimi a conoscenza delle intenzioni di Putin c’erano il ministro della Difesa, Serghej Shojgu, il capo di Stato Maggiore delle forze armate, Valerij Gerasimov, e i leader del controspionaggio
Putin non avrebbe informato dell’invasione in Ucraina neppure gli analisti dell’Fsb, i servizi segreti russi dove è cominciata la sua scalata al Cremlino dopo la caduta del muro di Berlino.
Emblematico il commento raccolto dal sito Meduza: “Prima chiunque poteva dimostrare le sue qualità dentro e fuori il Paese. German Gref era orgoglioso di Sberbank. Il sindaco Serghej Sobjanin aveva reso Mosca una capitale mondiale. Ora nessuno è più in grado di conseguire successi nel Paese. E all’estero è fuori questione. Non importa quel che faremo, sarà sempre peggio”.
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