Rigassificatore: “le tante criticità che si riscontrano analizzando il progetto”

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Riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato.

Quando noi cittadini, riuniti in Comitati, abbiamo cominciato a cercare di capire, almeno a grandi linee, che cosa fosse un rigassificatore , ci siamo subito imbattuti nel  decreto 105 del 2015 sui  rischi di incedenti rilevanti. Ci siamo documentati sui tre impianti già esistenti  nel nostro Paese: uno in mare a 22 Km dalla costa di Livorno, l’altro a largo delle coste Venete, l’altro  ancora a Panigaglia, sulla terra ferma, nel golfo di La Spezia.

Avendo appreso che il progetto avrebbe riguardato  lacollocazione in  porto di una nave FSRU ci siamo chiesti se fosse  inquadrabile come impianto a terra (on shore), in quanto attraccata in banchina e collegata alla rete fissa di distribuzione nazionale del gas, oppure  inquadrabile come un impianto in mare (off shore).

A nostro avviso la collocazione nel porto di Piombino porta in sé gli aspetti di entrambi gli scenari e le  complesse problematicheconnesse.

Le navi, si sa, navigano. Ma  la Golar Tundra, arrivata a destinazione, non navigherà  più e anzi sarà impegnata tutti i giorni,  365 giorni all’anno, a “rigassificare” , ovvero quel processo che porta il GNL dallo stato liquido a quello gassoso.

Le manichette, che uniscono la nave al metanodotto a terra,saranno costantemente impegnate in  questo  processo, in pressione, continuamente sollecitate a rischio di rottura a causa del moto ondoso,  più probabile rispetto ad un impianto a terra.  Nella relazione presentata dal Comune di Piombino al Commissario straordinario si dichiara:

Le probabilità di rilascio dalle manichette di trasferimento verso il gasdotto crescono significativamente rispetto a quanto riportato nel Rapporto Preliminare di Sicurezza; in base ai criteri COMAH, l’ipotesi 10R diventa “probabile” (almeno 1 caso all’anno per la rottura parziale delle manichette e almeno 1 caso ogni 10 anni per la rottura totale delle manichette).

Le frequenze ottenute per l’ipotesi 10 R sono meno sorprendenti di quanto ci si possa attendere, poiché il principale fattore che le determina è l’impiego continuo, per 8760 ore annue, di sistemi (manichette) normalmente utilizzati per trasferimenti tra mezzi mobili a depositi, cioè per operazioni discontinue e relativamente brevi. Tali frequenze sono rivelatrici delle forzature sfavorevoli ai fini della sicurezza che possono essere generate dalla singolarità del progetto in esame evidenziata nelle considerazioni iniziali del par. 4.2; un progetto che prevede un complesso impiantistico galleggiante, ma permanentemente attraccato alla banchina portuale, e che, ciononostante, si tende a inquadrare come un off-shore.”

Non essendo tale impianto previsto lontano dalla costa, bensì in banchina, praticamente in  contiguità alla  terra, si  verrà a trovare vicinissimo a elementi vulnerabili (persone, uffici,  infrastrutture) per i quali l’allegato 5  decreto 105 del 2015 conferisce una zona di attenzione di 2 km,  e nel progetto di Piombino si   prevede invece una fascia di nemmeno  500m.

Le problematiche legate alla collocazione in porto sono evidenti e legate ai rischi e alla incolumità delle persone, non essendo possibile qui affermare, come altrove, che in caso di incidente, vi sarà  effetto zero per la popolazione. Perfino i traghetti e le navi passeranno all’interno della pur ristretta zona di danno individuata da SNAM, zona che  interessa parte del canale di ingresso del porto! A Livorno tale zona è interdetta al traffico durante il rifornimento delle metaniere alla rigassificatrice, qui l’Autorità Portuale farà fermare i traghetti per l’Elba, causando in tal modo l’interruzione di un servizio che ne garantisce la continuità territoriale?

La collocazione in porto inoltre comporta i rischi legati alle condizioni meteo avverse, ai possibili incidenti per collisioni, per errori umani e con i suoi 500m di interdizione detta misura  è ben lontana dalla fascia di interdizione di 2 miglia(3,7km) e  dalla fascia  di limitazione   compresa tra 2 e 4 miglia e dalla fascia di  preavviso tra 4 e 8 miglia previste per l’impianto offshore di Livorno e per l’impianto in Adriatico.

Questi sono solo alcuni aspetti che  abbiamo voluto    mettere in evidenza  fra le tante criticità  che si riscontrano analizzando il progetto, le integrazioni allo stesso, le relazioni tecniche del Comune. Criticità, alcune difficilmente superabili, che pensiamo non possano sfuggire   agli Enti    chiamati a dare il parere e ai quali ci appelliamo perché,  nelle loro competenze, è riposta la verifica della fattibilità o meno di un impianto  a rischio di incidenti rilevanti, così impattante per la salute e  la sicurezza e per l’ambiente.

Il Comitato Salute Pubblica Piombino Val di Cornia

La Piazza Val di Cornia

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Barbara Noferi

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