Salute e ambiente

Studio dell’equipe del Santo Stefano: l’asma può proteggere dal Covid

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Si pensava  il contrario, che l’asma fosse elemento di rischio aggiuntivo in caso in cui il paziente fosse affetto da Coronavirus e invece pare valga il contratio: chi soffre di asma bronchiale, anziché temere più di altri le conseguenze del Covid-19, potrebbe essere maggiormente protetto dalle forme gravi di coronavirus. 

L’esito-ipotesi arriva dallo studio di un gruppo di allergologi e immunologi dell’ospedale di Prato in collaborazione con la professoressa Paola Parronchi(Università degli Studi di Firenze) e col professor Justin Stebbing (Imperial College di Londra) e pubblicato su Allergy, la prestigiosa rivista scientifica dell’European Academy of Allergy and Clinical Immunology.

Questa ipotesi è stata presentata  nel corso di una conferenza stampa da Alessandro Farsi,direttore allergologia e immunologia di Prato; Giulia Carli, specialista in allergologia e immunologia di Prato; Daniela Matarrese, direttore sanitario dell’ospedale di Prato e Giancarlo Landini, direttore del Dipartimento specialistiche mediche dell’Asl Toscana centro.

A queste conclusioni sono arrivati dopo varie ipotesi. La prima di tipo empirico,  quando si è preso nota dell’esiguo numero  di soggetti asmatici tra i ricoverati per Covid-19 a Prato. Dei  270 ricoveri per Covid nell’area pratese, solo tre pazienti erano affetti da asma bronchiale e di questi, soltanto uno ha avuto necessità di essere assistito in terapia intensiva. Numeri significativi se pensiamo che sono  oltre 2.500 i pazienti asmatici seguiti dall’allergologia pratese.

La seconda ipotesi è di tipo medico: il sistema immunitario degli asmatici produce una quantità ridotta di interferoni  e si è osservato  che elevati livelli di interferoni contribuiscano in modo determinante alla evoluzione nelle forme più gravi di Covid. Inoltre  nei soggetti asmatici  allergica si ha ruolo protettivo da parte di cellule immunitarie note come eosinofili che solitamente sono presenti a livelli più elevati essendo espressione dell’infiammazione di tipo 2 presente in oltre il 50% dei casi di asma. E qui vale l’’osservazione inversa rispetto agli interferoni, alti livelli di eosinofili svolgono un possibile ruolo protettivo nei confronti delle forme gravi di Covid19. Per concludere , chi soffre di asma usa spesso inalatori spray, broncodilatatori che possono avere un’azione antinfiammatoria e antivirale, come già sufferito in altre ricerche.

Importante dire che siamo ancora a livello di ipotesi e che le ricerche in corso sul terribile virus siano tutte in via sperimentale e incomplete. Al momento il dato certo è che una patologia infiammatoria dell’apparato respiratorio come l’asma bronchiale non risulti più pericolosa per chi contrae il Covid ma anzi  possa controbilanciare gli effetti negativi delle risposte immunitarie che determinano la progressione verso le forme più gravi di Covid-19.

Il prossimo step dei ricercatori sarà quello ampliare il progetto coinvolgendo tutta la regione tramite partecipazione ad un bando di ricerca su più vasta scala regionale. “Negli ospedali dell’Azienda sanitaria sono stati circa 1.500 i pazienti ricoverati con Covid-19 in fase acuta Abbiamo utilizzato un approccio assistenziale multidisciplinare che ha coinvolto tante specialistiche, questo è stato il segreto del buon risultato. Su questa grande comunità abbiamo fatto anche ricerca. Entro luglio saranno attivi gli ambulatori di follow –up. I pazienti che sono stati ricoverati in Terapia intensiva e nei reparti Covid-19 saranno richiamati per eseguire una serie di controlli. Utilizzeremo criteri comuni e i dati scientifici”.Ha concluso il direttore del Santo Stefano Landini.



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Redazione Prato

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