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Restauro della Basilica di Santa Maria di Collemaggio: tutti i dettagli

Pubblicato il 27 Agosto, 2020

La restituzione della Basilica alla città nel dicembre del 2017 ha segnato un momento di fondamentale importanza nel percorso di rinascita seguito al tragico terremoto del 6 aprile 2009. Da quel disastro, la Basilica si è confermata nel suo ruolo di luogo simbolo, spazio di condivisione, celebrazione e commemorazione per la cittadinanza. La Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’Aquila e Cratere – con i funzionari Antonello Garofalo (architetto) e Biancamaria Colasacco (storica dell’arte) – ha curato la progettazione del restauro e la direzione dei lavori, conclusi in soli due anni. Il progetto è stato elaborato con il supporto di autorevoli esperti di tre atenei italiani: Politecnico di Milano, gruppo coordinato dal professor Stefano Della Torre (coordinamento generale), “Sapienza” Università di Roma, gruppo coordinato dal professor Giovanni Carbonara e Università dell’Aquila, gruppo coordinato dal professor Dante Galeota. L’attenta gestione dei tempi e delle fasi di cantiere si deve anche al coordinamento di Eniservizi e alle competenze operative dell’impresa Arcas di Torino. L’intervento è nato da una efficace collaborazione istituzionale tra il Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo (MiBACT), la Diocesi e il Comune dell’Aquila (proprietario della Basilica) che nel 2013 ha sottoscritto il protocollo ‘Ripartire da Collemaggio’ con Eni S.p.A., in qualità di sponsor.

Il restauro si è basato non soltanto sull’applicazione delle più avanzate e rigorose metodologie di conservazione del patrimonio architettonico, ma anche sulla considerazione costante del ruolo storico e simbolico che la Basilica occupa nel contesto cittadino. Il dossier di candidatura al Premio è stato predisposto da un gruppo di lavoro interno della Soprintendenza e ha sottolineato sia gli aspetti scientifici e metodologici, sia il valore simbolico del luogo sia, infine, lo scenario complesso della ricostruzione post sisma in cui è stato condotto il restauro. La giuria, assegnando il riconoscimento, ha evidenziato che l’intervento ‘‘rappresenta pienamente la rinascita della città; il senso profondo di spiritualità e la partecipazione della comunità al progetto devono essere considerati come parte integrante dell’impresa. L’intero progetto prende le mosse da un accordo pubblico-privato, e ha visto il coinvolgimento di tre università. È stato fondato su un esemplare studio scientifico della vulnerabilità sismica dell’edificio. L’approccio multidisciplinare utilizzato nella considerazione delle conseguenze del disastro naturale sull’edificio sul suo contesto è un vero e proprio modello. È inoltre da rimarcare la previsione di un programma di manutenzione e monitoraggio costante. Il progetto si impone come paradigma di buona pratica da seguire nella conservazione di siti gravemente danneggiati in tutto il mondo’’.  Dopo la proclamazione nel maggio scorso, il Ministro Dario Franceschini ha così commentato: “Il premio europeo conferma ancora una volta le grandissime competenze del nostro paese in materia di tutela. Un motivo di orgoglio e un importante riconoscimento per tutti coloro che hanno lavorato duramente e silenziosamente in questi anni per restituire all’intera comunità un importante simbolo identitario. A loro va il mio personale ringraziamento”.

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