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John Florio e la maschera di Shakespeare

Pubblicato il 15 Ottobre, 2021


John Florio e la maschera di Shakespeareversione al pubblico 


Come scrisse Saul Gerevini nel suo libro:
“E’ vero, come sostengono in molti, che le opere di Shakespeare le ha scritte un nobile che è rimasto nascosto nell’ombra, ed ha usato William Shakespeare, cioè Will, come maschera?
Chi ha scritto le opere e chi era?Chi è John Florio?!
John Florio come si può vedere dalla locandina, è il vero autore delle opere. Suo padre Michelangelo Florio detto il Fiorentino, pose le basi per il figlio, e come potrete notare il figlio si mette la maschera di Shakespeare, ma perché?!..

William Shakespeare è una collaborazione tra l’attore William Shaksper di Stratford e il colto e raffinato intellettuale anglo-italiano John Florio”.

John Florio ha studiato all’università di Tubinga in Germania, il quale si iscrisse col nome Johannes Florentinus.

Successivamente frequentò intorno al 1580 il Magdalen college di Oxford, come “Poor student”, e qui 

conseguì un diploma come “Master of Art”, ma non si laureò mai. Inoltre era insegnante d’italiano all’università di Oxford.

La madre di John era probabilmente inglese ma di lei ne sappiamo poco.

John Florio per gli Inglesi aveva il grosso problema di essere uno straniero, benché fosse nato a Londra, e in quel momento il razzismo nei confronti degli stranieri era alle stelle. Quindi anche per una ragione di ordine pubblico Shakespeare non poteva essere che un’inglese. 

Bardo significa cantore celtico

‘Sono in molti ad avere un coltello puntato contro la mia gola e sono pronti ad usarlo’, scrisse John Florio nei suoi Secondi Frutti del 1591. In quegli stessi anni Christopher Marlow, il grande drammaturgo,  scriveva insieme a Thomas Nashe dei libelli  razzisti contro gli stranieri per invitare la popolazione alla rivolta.

Secondo le opinioni di Roger Ascham, uno scrittore molto famoso a quei tempi, John Florio era un letterato di origini italiane e di conseguenza doveva essere guardato a vista perché incarnava il diavolo. Fu infatti Ascham a coniare il detto: ‘poeta italianato diavolo incarnato’.

Il primo che identificò Shakespeare in John Florio fu Thomas Nashe nel 1589, scrivendo a chiare lettere, nella prefazione di un libro di Robert Greene, il Menaphon, che ‘una penna italiana mette l’eternità nella bocca di un attore’’. 

Seguì poi l’invettiva di Robert Greene nel 1592, esattamente nel Groatswoth, dove nella famosa frase ‘Tiger’s hearth wrapped ina player’s hyde’’, si accusa un ‘’Johannes Factotum’’ che nella sua presunzione pensa di essere l’unico scuoti-scena del paese. Florio rispose sia a Nashe che a Greene, nei suoi libri, dimostrando oltre ogni ragionevole dubbio che sia la ‘penna italiana’ che il ‘Johannes Factotum’ citati da Nashe e Greene era proprio lui. 

Molti ancora scrissero su Florio come il vero Shakespeare, per esempio John Harding e sua figlia Giulia di Liverpool, Inghilterra.

Per quanto riguarda l’Italia tra i primi troviamo il giornalista scillese Santi Paladino (1902-1981) che dette annuncio sul quotidiano L’Impero (n. 30 del 4 febbraio 1927) che Shakespeare era Italiano. 

In una successiva pubblicazione ipotizzò che Shakespeare fosse solo uno pseudonimo, dietro al quale si celava Michelangelo Florio, nato il 28 Settembre a Figline Valdarno nel 1518, e morto a Soglio nel 1566, padre di John, un frate convertitosi al protestantesimo e per questo incarcerato e condannato a morte a Roma. Da qui fortunatamente riuscì a fuggire nel 1550 per iniziare un lungo pellegrinare in Italia e in Europa, facendo tappa anche in Inghilterra, dove era maestro di italiano e latino alla Regina elisabetta, dove nel 1552/3 ebbe il figlio Giovanni, prima di trasferirsi definitivamente a Soglio in Val Bregaglia. Nella versione di Paladino, Michelangelo Florio si trovava a Messina quando qui si rappresentava la commedia ‘’Tantu trafficu pe’ nnenti’’ (riecheggiante nel titolo la scespiriana Molto rumore per nulla).

Paladino ipotizzò a quel tempo una doppia stesura delle opere di Shakespeare: le versioni originali scritte da Michelangelo Florio sarebbero state poi tradotte e perfezionate per il mercato inglese dal figlio Giovanni in collaborazione con l’attore William Shaksper, che assume i panni di un prestanome:

«In quanto alle opere teatrali, ai poemi e ai sonetti, ci sarà stato un accordo segreto con l’attore William Shaksper affinché ne assumesse, temporaneamente o definitivamente, la paternità»

(Santi Paladino, Un Italiano autore delle opere shakespeariane, pag. 110)

Quest’ipotesi floriana è stata riproposta nel 2008 da Lamberto Tassinari (scrittore e docente presso l’Università di Montreal), il quale focalizza l’attenzione sul figlio di Michelangelo, Giovanni Florio, il poliglotta straniero, coinquilino di Giordano Bruno presso l’ambasciata francese a Londra, traduttore di Montaigne, autore del primo dizionario italiano-inglese A world of Worlds, Un mondo di parole (nel quale a fronte di 74.000 parole italiane raccolse ben 150.000 termini inglesi). Secondo Tassinari, tra gli scrittori elisabettiani eruditi, Giovanni Florio sarebbe stato l’unico a possedere la cultura e l’abilità linguistica che si evincono nelle opere di Shakespeare.

«I collegamenti tra le opere e la biografia di John Florio e di Shakespeare sono numerosi.

Shakespeare segue John Florio come un’ombra, o come uno pseudonimo segue il cognome dell’autore. […] Semplicemente i critici stratfordiani fanno finta di non vedere che John Florio è l’autore delle opere di Shakespeare!

Ancor prima di Lamberto Tassinari, nel 2007 Saul Gerevini annunciò nel web e in diversi giornali, come La Repubblica nel 2007, che Shakespeare e Florio erano la stessa persona.

Nel 2013 Vito Costantini ha pubblicato un romanzo storico sulla vita dei Florio dal titolo Shakespeare è italiano e nel 2015 il saggio Shakespeare, messaggi in codice, dove propone una decifrazione di otto “messaggi in codice” presenti nelle opere di Shakespeare e di John Florio, avvalorando la floriana. 

La corte suprema americana nel 2009 dichiarò che William Shakespeare era un prestanome 

A tutt’oggi nel mondo una grossa corrente di pensiero antistratfordiana cerca un candidato diverso dall’attore Shaksper dato che è completamente inconsistente rispetto a ciò che troviamo essere Shakespeare nei suoi testi. Nel Regno Unito solo il 40% dei cittadini pensa che Shaksper abbia scritto le opere di Shakespeare, il resto della popolazione propone candidati alternativi che attualmente sono un numero inaccettabile. 

I dubbi sull’identità di Shakespeare non sono nuovi.

Tra questi dubbiosi “miscredenti” possiamo citare Charles Dickens, Walt Whitman, Otto von Bismarck, Henry James, Mark Twain, Charles Chaplin, Charles de Gaulle, e sembra che a loro si possa aggiungere anche Malcom X.

Lo scrittore Henry James definì il divino William la più grande e più riuscita frode che sia mai stata realizzata nei confronti di un mondo paziente; 

Charles Dickens scrisse che la vita di Shakespeare è un bel mistero, e tremo ogni giorno per paura che qualcosa possa saltar fuori.

Atteniamoci alla realtà. Oggi abbiamo prove certe, e non una semplice ipotesi, che Giovanni Florio, fu l’autore delle opere firmate col nome d’arte William Shakespeare.

Lo stesso Ben Jonson per una incisione obiettivamente inguardabile, ma soprattutto dalle sue due frasi nell’introduzione del libro First Folio quando riferendosi all’attore scrive: Lettore, considera non questo ritratto, ma il suo libro e Tu conoscevi poco latino e ancor meno il greco, frasi semplici per rappresentare una verità talmente evidente e disarmante chi sia in realtà Shakespeare appare quasi un’offesa all’intelligenza. 

Nei drammi ci sono più di 500 locuzioni latine e di grecismi.

Fu verso la metà del Settecento che il mito di Shakespeare decollò grazie ad un attore londinese che organizzò una serie di rappresentazioni, concerti e serate di gala in occasione del bicentenario della nascita dell’uomo di Stratford.

Il successo inarrestabile dei drammi necessitò la ricerca di materiale biografico sul loro autore. Poiché il nome dell’attore non compariva in nessun documento del periodo in cui era vissuto, i biografi ufficiali inventarono lacunose e insostenibili biografie.

Il nome Florio tornò alla luce nel 1890 quando fu pubblicata, lo abbiamo visto, la nona edizione dell Enciclopedia Britannica.

A quel punto i Pembroke, che avevano ricevuto in eredità la vasta biblioteca dei Florio, pensarono di rilanciare il mito di Shakespeare (escludendo ovviamente i Florio), attraverso una colossale operazione commerciale incentrata su Stratford on Avon. 

Furono acquistate case in cui l’attore era vissuto, arredate con suppellettili e finti mobili d’epoca, dando così inizio a un’azione museale per l’esaltazione dell’epopea shakespeariana. 

Oggi non sappiamo che fine abbia fatto la biblioteca dei Florio, i libri, come è scritto nel testamento di John, italiani, francesi e spagnoli, stampati e non stampati, nel numero di circa 340. Per quale motivo? Sicuramente perché potremmo trovare manoscritti dei drammi dei Florio che riconducono all’identità floriana di Shakespeare.

Per non creare problemi all’orgoglio nazionale inglese, ma soprattutto al lucroso commercio, i Pembroke hanno deciso di negare l’esistenza dell’intera biblioteca.

Stasera con l’aiuto di Gerevini, il Prof. Giampieri, cercheremo di capire perché John Florio è l’unico candidato proponibile come autore delle opere di Shakespeare. 




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