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Chieti

Chieti, muore al pronto soccorso dopo tre giorni di agonia. La testimonianza choc: “Nessuno rispondeva alle sue richieste di aiuto”

Pubblicato il 20 Maggio, 2023

Una donna di 82 anni è morta sulla barella del pronto soccorso dell’ospedale di Chieti dopo ore di attesa e senza che nessuno se ne accorgesse.

A scoprire il corpo senza vita è stato il figlio durante una visita alla madre.

La donna deceduta, nonostante l’età avanzata risultava ancora piena di vita oltre che dotata di una forza e una lucidità al pari di una persona molto più giovane. Soffriva di un’insufficienza renale ma secondo i familiari non sono state sfruttate tutte le possibilità da parte dei sanitari di tenerla in vita.

Entrata nel reparto di emergenza lunedì 8 maggio per essere dimessa la sera stessa, il giorno successivo le sue condizioni sono peggiorate e è stato necessario il ricovero.

Tra quelle lenzuola l’anziana è rimasta tre giorni manifestando continuamente la sua sofferenza. 

Dopo tre giorni di agonia, l’epilogo: accusati forti conati di vomito, una vicina di letto ha testimoniato di averla sentita ripetutamente chiedere aiuto senza ricevere risposta. La paziente era morta, da sola.

La testimonianza della nuora riguardo il disordine nella gestione degli arrivi al pronto soccorso: “Mia suocera aveva un prolasso uterino. Dal pronto soccorso ci hanno trasferiti in ginecologia dove, dopo quasi due ore di attesa, è stata effettuata una visita, con relativa prescrizione farmaci e dimissioni finali. Il giorno dopo il dolore si è acuito ed è comparso il vomito, abbiamo chiamato il 118 che non voleva neanche portarla via, gli operatori si sono convinti quando la poveretta è caduta addosso a uno di loro. In pronto soccorso è stata adagiata su una barella dove si lamentava per le fitte, ma nessuno le dava ascolto. C’erano tanti malati in corridoio, in quel caos riuscivo malapena a trovare pochi centimetri per stare in piedi accanto al letto”.

“Un racconto che stravolge la realtà dei fatti, anche se dettato da una componente emotiva comprensibile”. A dirlo è Emmanuele Tafuri, direttore del pronto soccorso dell’ospedale Ss Annunziata di Chieti che racconta del decesso di un’ottantenne mentre si trovava in osservazione. 

“La donna è arrivata da noi il 9 maggio alle ore 21 con dolore addominale e vomito e parametri vitali nella norma – spiega il primario – E’ stata visitata dal medico di turno  che ha rilevato una sepsi in presenza di una pregressa insufficienza renale e altre patologie rilevanti. La Tac addome e le consulenze specialistiche a cui è stata sottoposta, di tipo urologico e nefrologico, hanno poi confermato un quadro iniziale di infezione clinicamente stabile. La paziente, nelle ore e nei giorni a seguire, ha ricevuto cure farmacologiche e assistenza continua, pur restando nell’Osservazione temporanea del Pronto Soccorso per mancanza di posti letto in area Medica. Ai famigliari è stato autorizzato l’ingresso, con specifico  permesso, per stare accanto alla donna anche nella condizione non molto confortevole di degenza in barella,  che in situazioni di particolare affollamento resta comunque una soluzione che permette di accogliere i malati. Il decorso si è rivelato poi positivo, la risposta alle cure era buona e in accordo con la famiglia si era ipotizzata una eventuale dimissione, sulla quale è intervenuto un nuovo episodio di vomito che ha fatto rilevare un iniziale aumento della flogosi.

Si è così deciso di trattenerla ancora in Pronto Soccorso in attesa di un posto letto per ricovero in reparto, e ha ricevuto sempre, e sottolineo sempre,  assistenza medica e infermieristica continua. Il 12 maggio le condizioni erano stabili, ed è stata rivalutata per ben 3 volte, sempre in attesa del posto letto. Alla sera la donna ha accusato un malore proprio mentre il figlio era in visita, ed è stata sottoposta immediatamente a manovre rianimatorie dal personale del Pronto Soccorso e della Rianimazione, che non sono bastate a salvarle la vita.

Era stata monitorata due ore prima e mai lasciata senza assistenza. Non posso perciò accettare, pur nel rispetto del dolore – prosegue Tafuri – una ricostruzione dei fatti non veritiera, e respingo le accuse di aver lasciato la donna nell’abbandono. E’ un oltraggio al lavoro che viene svolto ogni giorno in condizioni difficili, di sovraffollamento nei reparti e in Pronto Soccorso, dove l’impegno è massimo per dare risposte a tutti da parte dei medici, degli infermieri e degli Oss. La perdita di un famigliare non legittima nessuno ad attribuire colpe e responsabilità a operatori sanitari che fanno il proprio dovere cercando di dare il massimo, anche a fronte di situazioni critiche come la mancanza di posti letto e un organico che sembra non bastare mai a fronte dell’afflusso di utenti nel nostro Servizio.

Non siamo eroi, non lo siamo mai stati nemmeno quando venivamo definiti tali, perché facevamo solo il nostro dovere per salvare vite altamente a rischio in pandemia, ma passare ora per carnefici proprio no. La morte improvvisa di un paziente anziano in equilibrio precario per più patologie può avvenire  anche in un ospedale, e non la si può addebitare alla negligenza degli operatori sanitari. La ricostruzione dei fatti è puntualmente documentata nel diario clinico della paziente, c’è tutto scritto. Il resto si qualifica come caccia alle streghe”. 

E Tafuri ha richiesto l’autopsia proprio per confermare quel che ha affermato.

ll capogruppo regionale del Partito Democratico, Silvio Paolucci interviene sulla questione.

“Il nuovo caso di Chieti riaccende l’attenzione sul pronto soccorso. Chiederò con un’interrogazione a Marsilio quali sono le azioni della Regione per una sanità migliore di quella che abbiamo. Dopo 4 anni e mezzo di centrodestra la programmazione è ancora sulla carta, le strutture sanitarie offrono il 20 per cento in meno di prestazioni, i pazienti fuggono a curarsi fuori regione, le Asl hanno tutte i conti in rosso, la rete ospedaliera non decolla e, soprattutto, i pochi investimenti sul personale costringono utenti e operatori a stare in trincea, in diversi casi, non uscendone”.

“Agli annunci della perenne campagna elettorale, questo esecutivo non ha fatto seguire i fatti – incalza Paolucci – per questo la sanità vive un caos costante, che mette a dura prova il diritto alla salute degli abruzzesi. Lo dicono i numeri. Nei presidi della provincia di Chieti le prestazioni ospedaliere erogate nel 2022 sono diminuite rispetto al 2018: del 12,4% a Chieti, del 46% a Ortona, del 30% a Lanciano, del 26% a Vasto, del 35% ad Atessa. Lo dice anche l’enorme crescita della mobilità passiva rilevata dalla Corte dei Conti e, da ultimo, i disagi che l’indecente gestione dell’attacco degli hacker al sistema della Asl aquilana, sta creando ai cittadini e agli altri sistemi operativi sanitari dell’intero territorio regionale. 

Dopo tanti annunci Marsilio riferisca invece sulle azioni messe in campo insieme alle Asl a favore della comunità, gli atti per sostenere le professionalità che ogni giorno fanno il loro meglio in questi reparti per salvare vite e perché i reparti di emergenza siano solo luoghi di passaggio e non dove stazionare giorni a causa della mancanza di programmazione che ormai da quattro anni e mezzo vediamo andare in onda ovunque. La storia della signora deceduta a Chieti, è solo l’ultima, in ordine di tempo. Non può essere la norma, né l’immagine di un comparto tanto sensibile, quanto in grandissima sofferenza a causa della mancanza di decisioni efficaci e di investimenti concreti”.

“È evidente che esiste un problema colossale in Abruzzo, ed è il governo e la gestione della sanità. Siamo molto preoccupati per quello che sta accadendo e che riguarda un gran numero di territori della nostra regione”: lo dichiara il senatore Michele Fina, segretario del Partito Democratico abruzzese.

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