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Cna Veneto: aumento del prezzo delle farine cresciuto fino a +38% per quelle di grano tenero del +100%

Pubblicato il 3 Febbraio, 2022

3.2.2022 – «Sta a noi difendere il nostro mondo lavorando in accordo tra attori e comparti diversi: agricoltura, artigianato e industria. È l’unico modo per contrastare le speculazioni a livello nazionale ed internazionale, e garantire la disponibilità di materie prime, grano e farine.» Lo afferma Catia Olivetto, Presidente CNA Dolciari e Panificatori Veneto a margine del recente incontro che CNA Agroalimentare ha organizzato con il Ministero delle politiche agricole e alimentari dal titolo Produzione del grano ed aumento del costo delle materie prime nella filiera «grano-pane». «Per fermare le speculazioni a livello internazionale e garantire la disponibilità del grano occorre lavorare per accordi di filiera tra imprese con precisi obiettivi qualitativi, quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione, come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali.»

Queste le strategie di sostegno a una filiera particolarmente estesa, composta da 65 mila aziende con oltre 200 mila addetti, e che comprende al suo interno i settori delle carni bianche e delle uova; quello dolciario (pasticcerie, gelateria, cioccolaterie) e della panificazione (solo in Veneto sono 1.480 i fornai); il settore della pasta (170 i pastai veneti) fino ad arrivare alle pizzerie.

Gli aumenti

Un settore che è stato particolarmente colpito negli ultimi mesi dall’ondata di rincari: oltre all’aumento dei prezzi dell’energia elettrica, del gas, del carburante agricolo, sulla filiera ha impattato anche l’aumento del prezzo delle farine cresciuto fino a +38% per quelle di grano tenero e del +100% per quelle di grano duroe alla difficile reperibilità di uova nazionali a causa dell’influenza aviaria che ha colpito in particolare il Veneto e la Lombardia, con circa 13 milioni di avicoli abbattuti negli ultimi mesi del 2021.

Le materie prime: il frumento

Secondo i dati forniti a CNA dall’Ismea, nel mese di dicembre 2021 il frumento tenero nazionale è arrivato a 325,63 euro/t, una quotazione record che non si raggiungeva dal 1993. Molteplici le cause: il calo dei raccolti negli Stati Uniti (-10% sul 2020) e delle scorte (-29%); l’aumento dei costi di trasporto e i fenomeni speculativi sulle materie prime.

Meccanismo analogo per il prezzo del frumento duro nazionale salito a 504,51 euro/t a dicembre 2021, costo record degli ultimi 29 anni a causa del crollo della produzione canadese, primo produttore ed esportatore, per la siccità che ha ridotto del -59,6% i raccolti sul 2020 e del -40,2% delle scorte; in calo anche i raccolti e le scorte degli USA che hanno registrato un -40% circa, in entrambi i casi.

«Le conseguenze di queste situazioni internazionali, avranno senz’altro una ricaduta inevitabile sulle famiglie italiane – ha sottolineato Catia Olivetto – poiché hanno determinato un aumento dei costi dei prodotti tipici del Made in Italy, quali pane e pasta: si stima che in media ogni famiglia spenderà 300 euro in più all’anno».

L’aumento del pane

Sempre secondo i dati Ismea – che descrivono una situazione in cui l’Italia importa circa il 65% di frumento tenero e circa il 35% di frumento duro –, il prezzo del pane nel 2021 è lievitato del +3,3%, con previsione di incrementi superiori al +10% per il 2022. Con il rischio di dipendere dall’estero anche per i generi alimentari di prima necessità, considerando che la Cina nel primo semestre di quest’anno avrà accaparrato il 70% della produzione globale di mais, il 60% della produzione di riso ed il 50% della produzione di grano.

Nel Nordest si trova circa il 47% delle superfici nazionali di coltivazione del cereale e vista la situazione, si prevede una contrazione di 10,8 punti percentuali dei terreni seminati a frumento tenero; anche se è previsto un incremento di un buon 24% di superfici destinate a frumento duro, comunque a livello nazionale, lasuperficie coltivata a grano si è erosa passando da 1,4 milioni di ettari del 2016 a 1,2 del 2019. Report dell’Istat sulle Coltivazioni agricole,

«Dunque il problema è che come Paese non siamo autosufficienti. – prosegue Olivetto – Con la riduzione delle scorte mondiali, l’Italia potrebbe e dovrebbe giocare un ruolo fondamentale rilanciando i grani italiani”.

Gli aumenti dell’energia e le ricadute sulle imprese della filiera

Dinanzi all’esplosione dei costi – l’energia aumentata anche del 300%, con bollette passate da 30 mila a 120 mila euro al mese; i costi di burro (quasi +70%), uova (+40%), zucchero (+30%) film plastici, cartone, vetro, imballaggi aumentati in genere per circa il 25% – migliaia di artigiani e piccole imprese della filiera Agroalimentare italiana rischiano la chiusura.

La proposta di CNA Agroalimentare

A fronte di questo allarmante scenario, la Presidente Olivetto elenca le azioni che CNA Agroalimentare vuole portare avanti a livello istituzionale per sostenere tutti gli attori della filiera: «Chiediamo che le autorità di controllo intervengano per fermare le pratiche sleali e mettano in campo sostegni concreti per il caro-energia di questi mesi. Proponiamo l’apertura presso il Mipaaf di un “Tavolo Grano-Pane” per individuare le azioni utili ad un percorso di consolidamento e rilancio delle imprese di filiera, contrastando con forza le speculazioni che potrebbero compromettere l’esistenza delle aziende e con l’obiettivo di garantire attenzione per la valorizzazione dei prodotti dal campo alla tavola

«Nonostante le difficoltà dovute alla pandemia, agli aumenti legati all’energia e alle materie prime, – chiosa la Presidente Olivetto ­– noi artigiani del Made in Italy, sempre con le “mani in pasta”, non ci siamo arresi finora e non ci arrenderemo di certo adesso; anzi, per il 2022 vogliamo scommettere il doppio del ‘piatto’: solo così ne usciremo vincitori, per noi e per una cultura enogastronomica da preservare per la prossima generazione.»

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