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Commessa della Rinascente litiga con una cliente e si vendica affibbiandole il nome di “Donzella Svampita” sulla fidelity card. Arriva una multa da urlo

Pubblicato il 20 Luglio, 2023

Il cliente ha sempre ragione, così recita un detto che in realtà sembra essere stato inventato dai clienti stessi. Ed evidentemente non la pensa così neanche una commessa de La Rinascente di Milano che ha fatto uno “scherzo” ad una cliente che però è finito malissimo.

La commessa de La Rinascente si “vendita” della cliente: i fatti

La vicenda risale al 24 luglio 2021 quando la commessa, probabilmente per una questione legata ad un prodotto, ha litigato aspramente con una cliente.

Sembrava che il battibecco fosse finito lì, invece la commessa ha messo in atto la sua vendetta: ha annullato la fidelity card della signora creandone una nuova intestata ad una certa “Donzella Svampita”.

Alla cliente è poi arrivata addirittura un’email di conferma che ha appunto confermato il nuovo cambio di nome, cosa che ovviamente l’ha fortemente irritata.

Quando però la cliente ha telefonato per chiedere informazioni, dal servizio assistenza le hanno detto che in realtà non c’era alcun problema informatico e che la sua identità era stata effettivamente cambiata.

A quel punto la donna, ancora più inviperita, si è rivolta direttamente al Garante della privacy che, dopo aver avviato un’indagine, ha scoperto irregolarità ben più gravi.

Il caso “Donzella Svampita” è stato archiviato dalla Rinascente come leggerezza di una dipendente, che però è stata punita con una sanzione disciplinare.

Dati venduti ad aziende terze

L’Authority ha notato che c’erano diverse anomalie nel trattamento dei dati e, in seguito ad un accertamento ispettivo da parte del Nucleo Speciale Privacy e Frodi Tecnologiche della Guardia di Finanza, ha constatato la violazione dei principi di integrità, riservatezza, correttezza e liceità sull’utilizzo dei dati sensibili dei clienti.

In pratica i dati dei clienti, rilasciati per la sottoscrizione della fidelity card, venivano poi ceduti a società terze, a partire da Facebook Meta, per campagne di marketing non dichiarate.

Tutto questo all’insaputa dei clienti e quindi la Rinascente è stata costretta a pagare 300.000 euro, a meno che non decida di risolvere la questione pagando entro 30 giorni la metà dell’importo o impugnando il provvedimento.

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