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Alessia Pifferi

La difesa di Alessia Pifferi: “Picchiata da altre detenute, subii un abuso da bambina”

Pubblicato il 12 Aprile, 2024

Il processo contro Alessia Pifferi è giunto alle ultime battute e nel corso della nuova udienza la donna si è difesa sostenendo di non essere un mostro e che, avendo perso la figlia, già sta scontando un ergastolo. Parole che a quanto pare non hanno intenerito i giudici, né tanto meno la madre e la sorella Viviana, secondo la quale Alessia Pifferi sta solo recitando un ruolo per ottenere uno sconto di pena.

Le confessioni di Alessia Pifferi

La Pifferi ha raccontato di essere stata picchiata a San Vittore dalle detenute che l’hanno chiamata mostro e assassina. Tuttavia lei ha detto che non ha mai pensato di uccidere sua figlia e non si ritiene né un mostro né un’assassina, solo una mamma che ha perso la sua bimba. Anzi, proprio perché la sua Diana è morta, ritiene che già sta scontando il suo ergastolo.

La 38enne ha raccontato che era una bambina isolata, senza amici e che aveva un insegnante di sostegno insieme ad un altro bambino di nome Roberto. Ha ricordato il carattere violento del padre, che a volte picchiava la madre davanti ai suoi occhi, rivelando poi di aver subito un abuso sessuale a 10 anni che però non ha mai raccontato alla famiglia per vergogna e per timore di non essere creduta, confessando anche il nome del presunto stupratore.

Ha poi detto che fu tolta da scuola mentre stava frequentando un corso da Oss per assistere la madre che ebbe un incidente, aggiungendo che viveva con pochi soldi e che gli uomini che ha avuto l’hanno sempre presa in giro.

La difesa: “La Pifferi ha un handicap”

All’inizio dell’udienza è intervenuta anche la legale della Pifferi Alessia Pontenani che, secondo la documentazione clinica presentata, ha dichiarato che la sua assistita soffriva di turbe psichiche e gravi ritardi cognitivi sin da bambina. Ha poi raccontato che la Pifferi ha usato il ciuccio e un bavaglino fino a tarda età e che dai 6 agli 11 anni è stata seguita dai servizi di neuropsichiatria infantatile territoriale. Inoltre ha poi aggiunto che nelle pagelle di terza media si legge che lei è portatrice di handicap.

Tale documentazione è stata introdotta dalla difesa per chiedere un’integrazione della perizia psichiatrica svolta da Elvezio Pirfo, secondo il quale la Pifferi è capace di intendere e di volere. La richiesta però è stata respinta dalla corte, secondo la quale queste informazioni non possono modificare le conclusioni della perizia. Il pm Francesco De Tommasi ha detto che nel corso degli anni la Pifferi è migliorata e, pur non avendo il massimo del quoziente intellettivo, sa far funzionare la mente.

Il pm: “La piccola Diana morta tra stenti e atroci sofferenze”

Quando la parola è passata all’accusa, il pm De Tommasi ha ricordato che per la piccola Diana i giorni senza potersi muovere né nutrirsi sono durati un’eternità. La piccola è morta tra atroci sofferenze, come ha raccontato, e le sue funzioni vitali si sono spente lentamente.

Ha poi puntato il dito contro la Pifferi, che secondo una perizia non avrebbe alcun deficit cognitivo e che sarebbe stata imbeccata da altri, accusata di aver lasciato volutamente sola la bambina per trascorrere delle giornate insieme al compagno, senza avvisare la polizia, né la sorella.

Il pm ha concluso che l’imputata fa di tutto per mostrarsi come una persona con problematiche mentali, ma ogni volta che parla appare perfettamente lucida e capace di mettere in atto strategie finalizzate a ottenere qualche beneficio sanzionatorio all’esito del processo.

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