Il presidente russo è accusato di aver deportato migliaia di bambini ucraini in Russia. La stessa accusa, con un secondo mandato di cattura, è stata contestata a Maria Lvova-Belova, commissaria di Mosca per i diritti dei bambini.
E adesso, al termine di verifiche complesse e approfondite anche per quanto riguarda la procedibilità e gli aspetti giuridici, i tre giudici – l’italiano Rosario Aitala , la giapponese Tomoko Akane e il costaricano Sergio Ugalde – hanno accolto le richieste del procuratore Karim Khan, riferisce il Corriere.
“Le decisioni della Corte penale internazionale non hanno alcun significato per il nostro Paese, nemmeno dal punto divista legale”, ha commentato la portavoce del Cremlino, Maria Zakharova, mentre Kiev parla di una decisione “storica”: “Continuiamo la stretta collaborazione con la Cpi nei casi di deportazione forzata di bambini ucraini.
Oltre 40 volumi di fascicoli, più di 1000 pagine di prove già condivise con la Corte”, ha scritto su Twitter il procuratore generale dell’Ucraina, Andrij Kostin.
Il 16 marzo 2023 è stato pubblicato il rapporto della commissione d’inchiesta dell’Onu che accusa Mosca di aver commesso “un numero considerevole di crimini di guerra in quattro regioni ucraine nelle prime settimane dopo l’invasione russa» e specificano come «le situazioni esaminate riguardanti il trasferimento e la deportazione di bambini, rispettivamente all’interno dell’Ucraina e nella Federazione Russa, violano il diritto umanitario internazionale e costituiscono un crimine di guerra”.
Mark Ellis, direttore esecutivo dell’International Bar Association, ha dichiarato al New York Times: “C’è stata molta attenzione su questo problema e perseguirlo come un crimine genererà molte reazioni. È vietato trasferire con la forza i civili attraverso un confine e durante un conflitto può essere un crimine di guerra. Può anche costituire un crimine contro l’umanità”.
I minori sarebbero inviati nei campi di rieducazione russi e poi affidati a famiglie per l’adozione definitiva.
Ecco una foto tratta dal report dello Yale Humanitarian Research Lab scattata in quella che il report definisce “struttura di rieducazione”
Il mandato di cattura internazionale è stato emesso perché ai capi di Stato non viene riconosciuta l’immunità nei casi che coinvolgono crimini di guerra, crimini contro l’umanità o genocidio.
I ricercatori hanno individuato “43 strutture di detenzione e rieducazione, di cui 12 attorno al mar Nero, 7 nella Crimea occupata, 10 attorno alle città di Mosca, Kazan ed Ekaterinburg, mentre gli altri nelle regioni dell’estremo oriente russo, di cui 2 in Siberia”.
La cartina coi luoghi dove si trovano le “strutture di detenzione e rieducazione”: l’immagine è tratta dal report dello Yale Humanitarian Research Lab.
In ogni caso, la capacità dei genitori di fornire un consenso effettivo viene considerata dubbia, perché “lo stato di guerra e la minaccia implicita delle forze di occupazione rappresentano una forma di costrizione costante”.
Gli analisti internazionali sono consapevoli che al momento sia praticamente impossibile eseguire il provvedimento di cattura, ma si tratta di un atto che comunque limita i movimenti del presidente russo e inevitabilmente apre nuovi scenari nel conflitto.
La struttura di poteri e responsabilità che sarebbero coinvolte nella deportazione, rieducazione e adozione di bambini ucraini, secondo quanto riportato nel report dello Yale Humanitarian Research Lab.
Lo ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova.
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