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Sanremo

Sanremo, Marco Mengoni: “Non mi sono mai piaciuto”

Pubblicato il 11 Febbraio, 2023

“Quante volte ho sentite dire a mia madre Quanto so’ brutta. Anche nonna. È un problema di famiglia. Io ho lavorato su me stesso. All’inizio della carriera non capivo cosa vedessero e cosa capissero gli altri di me”.

Così Marco Mengoni.

“Sono cresciuto in una famiglia matriarcale. Nonna Iolanda è rimasta vedova presto e ha fatto la mamma, la nonna e la manager del negozio di famiglia a Ronciglione. Ci teneva all’apparenza, sempre precisa nel trucco e nei capelli, quasi caricaturale. Lei, mamma e zia erano donne bellissime che però nell’intimità soffrivano vedendosi piene di difetti. Si buttavano giù. Mamma ha delle bellissime gambe e non si è mai messa la gonna, per vergogna…”, ha raccontato al Corriere il cantante che classifica e bookmakers danno già trionfatore nell’edizione del Festival di Sanremo che si concluderà stasera.

“Da ragazzino i complimenti proprio no, nel senso che non pensavo proprio di poter avere appeal. Pesavo quei 106 chili, avevo i capelli lunghi che mi coprivano gli occhi quasi a non voler far individuare il mio stato d’animo. Più avanti ho fatto fatica a capire il confine fra bellezza oggettiva e soggettiva proprio per il dismorfismo, che è una patologia, e così ho iniziato a lavorare su me stesso. È stato difficile accettare che gli altri mi vedessero bello e anche nel mio percorso di analisi e terapia ci siamo incagliati su questo. Alla fine fa piacere sentirselo dire, però penso che la bellezza sia quel condimento in più in un piatto che deve essere già buono”

“All’inizio della carriera non capivo cosa vedessero e cosa capissero gli altri di me. Dopo X Factor in molti pensavano che sarei stato il classico personaggio uscito da un talent che si sarebbe bruciato subito. Non capivo se c’era qualcosa che volevo veramente condividere con gli altri. Ho scoperto che la musica è un mezzo potente, che mi ha aiutato ad alleviare tanti momenti di una vita non facile”.

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Iolanda, la nonna di Marco Mengoni, scomparsa nel 2020 a 83 anni dopo aver contratto il Covid

“Quali momenti? Non sono cose di cui amo parlare, ma non sono mai riuscito a dire “ecco, adesso sono fermo e tranquillo”. Ci sono state esperienze che ho vissuto con un trasporto emotivo importante, sono stato punzecchiato dalla vita e dal karma. Certe esperienze non le vuoi vivere, o vuoi viverle in età più matura… Ho perso delle persone e ho passato mesi a non guardare più i messaggi e le foto per non avere ricordi. Mi ha aiutato dedicare un giorno alla settimana a me stesso, ai miei pensieri e alla mia emotività. Lo faccio con una terapista. E poi mi dedico a respirazione, meditazione, mindfulness”.

“A mia madre ho dedicato entrambi i dischi pubblicati finora. Un rapporto di amore e conflitto. Lei è al centro di dinamiche familiari ed emotive che mi tengono in focus. È una donna che ha studiato tanto, le piace sapere tutto. Ma veramente tutto, dalla teologia al ricamo. E se le scoppia una passione approfondisce l’argomento. Avendo così tante competenze si convince di avere sempre ragione e lì partono i conflitti. Resta comunque una supereroina, una donna con forza incredibile e non me ne voglia papà, che appresenta la parte terrena e l’istinto. Mamma quella cerebrale e spirituale”.

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La madre di Marco Mengoni, Nadia Ferrari, da ragazza

“I miei genitori lavoravano molto e sono cresciuto con mio nonno. Mi portava a scuola, a fare gite al lago di Vico, stavo con lui nell’orto e in campagna dove c’erano molti animali. Odio le oche perché quando i miei mi tolsero il ciuccio dissero che se l’era portato via una di loro. Ho visto anche cose orribili per un bambino… un pollo a un certo punto va anche mangiato… ma quelli del nonno facevano una fine migliore di quella che oggi gli riservano gli allevamenti intensivi. Serviva a metterti davanti a una realtà forte, ad avere rispetto per la natura. Nonno era un soggetto popolare, era romanista e frequentava un club. Me lo ricordo sempre pieno di fumo. Giocava a carte con gli amici e alla fine mi comprava il Mordicchio, un dolcetto fatto di arachidi caramellate con una confezione gialla e rossa”.

“In famiglia c’era molto talento, mamma cantava nei pianobar, zio suonava la chitarra e organizzava concerti jazz… Alle medie mamma mi obbligò a prendere lezioni di pianoforte. Non sopportavo i solfeggi… All’epoca avevo l’hobby del cavallo, ereditato invece dal ramo paterno. Un giorno papà mi portò una nuova cavalla, una tre quarti imponente e abbastanza nervosa. Eravamo in un noccioleto e lei a un certo punto partì per una cavalcata senza fine. Furono dieci minuti brutti, avevo perso le redini ed ero aggrappato alla criniera. Davanti a un ruscello lei si bloccò, smontai e quando mio padre ci raggiunse gli consegnai le briglie e dissi “mai più”. Tornai a casa a piedi. Mollato il cavallo chiesi di prendere lezioni di chitarra. Quindi arrivano le prime amicizie con la stessa passione e a 13-14 anni fondiamo la prima band, The Brainless. Facevamo rock, punk, cover dei Deep Purple e inediti”.

” In quei tempi qualcuno iniziò a notare la mia voce e un giorno mamma, sentendomi provare in cameretta, disse forse dovresti cantare. Arrivò così un altro gruppo, The Play Mars. Cominciavo a divertirmi, era uno sfogo. Per sostenere la passione investivo i soldi guadagnati nei lavoretti, tipo pulire i cessi dei ristoranti di qualche amico di famiglia durante l’estate, per comprare casse, cavi e strumentazioni varie”.

Marco Mengoni si è commosso in sala stampa, ha pianto mentre parlava con i giornalisti del suo ritorno all’Ariston per il Festival di Sanremo e del significato della sua canzone: “Questo è uno dei miei peggiori difetti, sono molto emotivo. Adesso sono proprio esploso, immagino siano le ore piccole, non reggo molto”.



“Siamo molto stanchi in questi giorni. Io vorrei tornare a casa oggi ed essere iper felice di quello che è stato, a prescindere da quello che è stato il riconoscimento del premio”, conclude e poi si commuove di nuovo.

“Mi sto godendo al massimo questo festival – precisa Mengoni -, ma non perché sono il favorito, ma perché è una figata. Trovare questa complicità con l’orchestra è impagabile, io mi sto divertendo per questo. Per quanto inevitabilmente si parli di classifiche, primi posti, che sono il favorito, penso che in questo Sanremo vinca la musica”.

Uscendo dalla sala, qualcuno chiede a Mengoni se sia scaramantico. “Non c’è posto per la scaramanzia”, e sorride uscendo dalla sala stampa.

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