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Sara Pegoraro

É giallo sulla morte della modella Sara Pegoraro, ma ora spunta una pista

Pubblicato il 29 Giugno, 2022

Comincia ad essere fatta luce sulla morte di Sara Pegoraro, modella 26enne deceduta lo scorso 24 giugno nella sua casa di Villorba a causa di una malore. La ragazza sarebbe morta probabilmente per un’overdose di eroina, tant’è che la Procura di Treviso ha aperto un fascicolo per morte in conseguenza di altro reato.

Come riporta Fanpage, il sostituto procuratore Anna Andreatta ha richiesto le analisi del sangue per avere la conferma della presenza di eroina, che avrebbe condotto la giovane alla morte. Nel frattempo i carabinieri di Treviso hanno già avviato le indagini per risalire al pusher che avrebbe ceduto alla ragazza la dose killer.

Sara Pegoraro e la sua battaglia contro la dipendenza dalle droghe

Quando la ragazza ha avuto il malore, che le è risultato fatale, in sua compagnia c’era la madre che l’ha trovata svenuta a terra e quindi ha immediatamente chiamato i soccorsi.

In realtà la ragazza aveva sfiorato la morte due volte in poche ore, sempre per un malore riconducibile ad un eccesso di eroina, ma la madre era riuscita a salvarla, cosa che purtroppo non è successo in questo caso.

Le persone che le sono state vicine, come le sue amiche, si sentono in colpa per non aver provato a fare di più. Serena, una delle amiche più strette della povera Sara, si confida con il Gazzettino: “Giovedì, in uno dei tanti messaggi vocali che mi aveva mandato, Sara mi aveva chiesto di accompagnarla al SERT (Servizi per le Tossicodipendenze) per una ricetta.

Forse quella era una richiesta d’aiuto – racconta l’amica – che io evidentemente non sono riuscita a cogliere. Quel messaggio purtroppo l’ho ascoltato quando era troppo tardi. Proprio quel giorno ci siamo viste di persone, ma non mi aveva detto nulla”.

Tutti erano a conoscenza della dipendenza di Sara ma, come spiega Serena, forse si poteva fare qualcosa in più: “Speravamo che potesse farcela, forse non abbiamo insistito più di tanto per convincerla ad entrare in una comunità. Lei però si è sempre rifiutata, perché temeva di perdere la sua libertà”.

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