« Torna indietro

Taranto, trafugavano reperti archeologici per venderli sul mercato internazionale: recuperati oltre 2mila pezzi (VIDEO)

Pubblicato il 10 Dicembre, 2021

L’indagine è iniziata nel febbraio del 2019 ed è stata coordinata dalla Procura di Taranto. A capo del commercio illegale, c’è un tarantino, maestro elementare in pensione non nuovo a questi reati, arrestato in flagranza e ora detenuto in Olanda; l’indagine ha individuato 13 persone, tra tombaroli, ricercatori dei reperti e trasportatori, denunciate con le accuse di associazione per delinquere, ricettazione, scavo clandestino e impossessamento illecito di reperti archeologici. Nel gruppo, ci sono anche alcune donne.

Tra i reperti c’è un elmo corinzio in bronzo del sesto secolo avanti Cristo che, utilizzato nelle parate militari, era il simbolo della forza del guerriero che lo mostrava. C’è un vaso, usato per il rito dell’aspersione della sposa durante il matrimonio; ci sono gioielli, monete, statuine, ceramiche, interi corredi funerari, utensili: oltre 2.000 pezzi magnogreci del valore di migliaia di euro, provenienti dal Tarantino e, in parte, dalla Basilicata e risalenti a un periodo compreso tra il VI secolo a.C. (fondazione della Magna Grecia) al II secolo a.C. (epoca ellenistica).

I carabinieri della Sezione archeologia del Reparto operativo del comando per la tutela del patrimonio culturale, in collaborazione con la Sezione di polizia giudiziaria – carabinieri della Procura della repubblica di Taranto, hanno fermato un traffico di reperti archeologici che, partiti dall’Italia, finivano in Germania, Belgio, Olanda e Svizzera.

L’indagine è iniziata nel febbraio del 2019 ed è stata coordinata dalla Procura di Taranto. A capo del commercio illegale, c’è un tarantino, maestro elementare in pensione non nuovo a questi reati, arrestato in flagranza e ora detenuto in Olanda; l’indagine ha individuato 13 persone, tra tombaroli, ricercatori dei reperti e trasportatori, denunciate con le accuse di associazione per delinquere, ricettazione, scavo clandestino e impossessamento illecito di reperti archeologici. Nel gruppo, ci sono anche alcune donne.

I carabinieri

“Civiltà svenduta, questa indagine si potrebbe chiamare così – ha dichiarato il generale di brigata Roberto Riccardi, comandante dei carabinieri per la Tutela del patrimonio – Ciò che fa più male è sapere che ci sono persone del luogo che svendono le loro radici. I 13 sono tutte persone del posto che hanno portato via da Taranto e dall’Italia pezzi che invece erano destinati ai loro figli. Il patrimonio, lo dice il termine, è ciò che ci lasciano i nostri padri. Penso che questa città davvero potrebbe vivere con le sue strutture culturali, come la Soprintendenza, il museo archeologico Marta. Vedo invece, anche sui media e nei soggetti cinematografici, sempre immagini e soggetti sofferenti in relazione a Taranto. Occorre riflettere sul passato, come prospettiva per il nostro futuro”.

Gli archeologi

Un danno storico e archeologico, perché “si tratta di un gran numero di reperti che sono stati strappati dal loro contesto – ha detto Barbara Davidde, soprintendente per il patrimonio culturale subacqueo, nella cui sede nell’ex convento Sant’Antonio, si è tenuto l’incontro con i giornalisti per illustrare gli esiti dell’operazione – Ribadiamo quanto è prezioso ogni elemento e lo studio del contesto. Queste persone che si arricchiscono distruggendo questi contesti, non solo hanno commesso dei reati, ma fanno un danno nei confronti dei loro figli e dell’umanità intera. In merito ai reperti recuperati, si avvierà presto uno studio che ci permetterà di analizzare i materiali nel dettaglio per ricostruire il contesto di appartenenza”.

Le indagini

Il procuratore aggiunto Maurizio Carbone, presente insieme al sostituto procuratore Marco Colascilla Narducci, ha spiegato che “è stato necessario un coordinamento tra l’autorità giudiziaria, le forze specialistiche dei carabinieri, le autorità giudiziarie straniere e l’Interpol”, in collaborazione con gli esperti della Soprintendenza. “E’ un traffico internazionale di reperti archeologici – ha rimarcato – quindi è stato necessario il coordinamento di tutte queste forze per ottenere un risultato di grande rilievo per la città di Taranto e per il patrimonio artistico italiano. Una cultura svenduta, questi reati sono spesso sottovalutati ed invece il danno che arrecano alla collettività e alla storia e al valore artistico del nostro Paese è enorme”.

A insospettire i carabinieri e a dare il via agli accertamenti, sono stati i ripetuti soggiorni di un indiziato di reati contro il patrimonio che alloggiava periodicamente in un hotel di Monaco di Baviera, dove portava con sé diversi pacchi contenenti oggetti di natura archeologica. L’indagine è stata sviluppata a più riprese dalla Sezione archeologia del Reparto operativo Tpc di Roma, guidata dal maggiore Paolo Salvatori. È stata quindi interessata la polizia bavarese, affinché fosse effettuato un controllo nell’hotel.

La persona in questione era stata già diverse volte. Partiva in treno da Taranto e, attraversata l’Austria, arrivava a Monaco dove pernottava per poi proseguire il viaggio, sempre in treno, verso Bruxelles (Belgio). La scelta di viaggiare con il treno per raggiungere destinazioni così lontane, piuttosto che utilizzare il più comodo e rapido aereo, ha fatto intuire che si trattasse di un espediente per eludere eventuali controlli. Sono proseguite le verifiche: nel giugno 2019, per non far capire all’indagato che era stato individuato da un’unità specializzata a lui nota, i carabinieri lo hanno fatto controllare dalla polizia ferroviaria al Brennero: è stato trovato in possesso di un’anfora antica.

Il traffico internazionale

Intercettazioni telefoniche e ambientali, registrazioni video, servizi di osservazione, controllo e pedinamento in Italia e all’estero – con numerose rogatorie e ordini d’indagine europei verso la Germania, il Belgio, l’Olanda e la Svizzera – hanno fatto emergere il grosso traffico illegale di reperti archeologici, “condotto da un sodalizio criminale ben strutturato e con importanti collegamenti all’estero”. Nel gennaio 2020, a Monaco di Baviera, su input degli inquirenti che lo seguivano, il principale indagato, arrestato dalla polizia tedesca, è stato trovato in possesso di diversi reperti di interesse storico-scientifico, fra i quali spicca l’elmo corinzio in bronzo.

A giugno e luglio 2020, in collaborazione con la Polizia belga e quella olandese, sono state effettuate perquisizioni in Belgio e in Olanda. Un’abitazione di Bruxelles si è rivelata essere la base d’appoggio e il deposito del materiale: lì, infatti, sono stati sequestrati circa mille reperti archeologici provenienti dall’Italia, perlopiù dall’area di Taranto e provincia, risalenti al periodo compreso dal VI al II secolo a.C., tra cui: ceramiche a figure rosse, ceramiche miniaturistiche, ceramiche votive, corredi funerari, utensili in bronzo e un altro elmo corinzio in bronzo.

Sono stati ritrovati altri importanti reperti italiani derivanti da scavi clandestini, commercializzati a Bruxelles da esercenti del settore inconsapevoli della provenienza illecita, e un laboratorio specializzato in restauri di oggetti d’arte antichi a Delft (Olanda), dove erano stati portati nel tempo diversi beni archeologici per i restauri prima della vendita. Il gruppo ha la configurazione di un’associazione criminale che ricalca la filiera criminale tipica di questo settore: dai tombaroli, che riforniscono di reperti i ricettatori di primo e secondo livello, i quali a loro volta alimentano i trafficanti internazionali.

Nell’ottobre scorso sono state eseguite, nella provincia di Taranto, perquisizioni nelle case dei soggetti individuati: si è giunti al sequestro di ulteriori mille reperti, risalenti al periodo compreso tra il VI e il II secolo a.C., di archeologiche tarantine: ceramiche, corredi funerari, utensili in bronzo, lastre di coperture sepolcrali in terracotta, monili in oro; e inoltre: due sofisticati metal-detector e diversi strumenti per il sondaggio del terreno (spilloni).

reperti taranto
Reperti recuperati a Taranto –FONTE

L’epilogo delle indagini vede il nuovo arresto questa volta a Delft, in Olanda, dell’ex insegnante, già arrestato a suo tempo in Germania, oltre al sequestro di un altro elmo corinzio in bronzo, che era stato affidato al laboratorio per il restauro. “Nonostante la consapevolezza delle indagini in corso – è stato spiegato – il soggetto ha agito nella totale indifferenza per le eventuali conseguenze, a dimostrazione dell’entità del volume d’affari generato dal traffico illecito di reperti, evidentemente così remunerativo da giustificare i rischi e l’alta probabilità di essere scoperto”.

Sono in corso, in collaborazione con Eurojust, Europol e Interpol, le attività per il rimpatrio di diversi beni localizzati in Olanda, Germania e Stati Uniti.

About Post Author