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Arte: Leonardo non dipinse mai la Battaglia di Anghiari

Battaglia di Anghiari? Forse Leonardo da Vinci realizzò solo un cartone e gli intonaci preparatori.

Pubblicato il 7 Ottobre, 2020

 Battaglia di Anghiari? Forse Leonardo da Vinci realizzò solo un cartone e gli intonaci preparatori. A dirlo è il pool di esperti che alla fine di una ricerca durata 6 anni. Per questi studiosi il genio di Vinci non arrivò neppure a dipingerla Palazzo Vecchio.

I risultati di questi anni di studio sono stati raccolti in un volume di 610 pagine “La Sala Grande di Palazzo Vecchio e la Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci. Dalla configurazione architettonica all’apparato decorativo” edito dalla casa editrice Olschki. nella collana ‘Biblioteca Leonardiana. Studi e Documenti’, a cura di Roberta Barsanti, Gianluca Belli, Emanuela Ferretti e Cecilia Frosinini.

Di questa grande scoperta che risolve un mistero che dura ma molti anni e che ha visto anche troupe del National Geographic arrivare nel capoluogo toscano nel 2011 con un endoscopio per scoprire dove il capolavoro di Leonardo fosse celato. Ai lavori parteciparono anche l’Opificio delle Pietre Dure,  assieme alla Sovrintendenza dei beni artistici, alla Sovrintendenza per i beni architettonici, al  Center of Interdisciplinary science for art,  all’ architecture and archeology dell’Università della California-San Diego.

Secondo il pool il muro su cui aveva preparato lo stucco a bea di olio e calce in vista della pittura in un secondo momento fu demolito con molte probabilità. I documenti dell’epoca testimoniano solo che tra il 1503 e il 1506 a Leonardo vennero fatte forniture di materiali destinati a un cartone preparatorio e agli intonaci murari, non i colori per dipingere una parete. Si sa pure le quantità materiali acquistati da Leonardo  28 libbre di biacca alessandrima, 36 libbre di bianchetta di soda e 2 libbre di gesso.

Dei risultati delle nuove indagini ne è stato parlato questa mattina all’Auditorium Vasari della Galleria degli Uffizi, alla presenza del direttore del museo Eike Schmidt, Cinzia Maria Sicca Bursill-Hall, professore ordinario di storia dell’arte moderna dell’Università di Pisa, Francesca Fiorani, docente di storia dell’arte moderna dell’University of Virginia, e Marcello Simonetta, storico e ricercatore di The Medici Archivi Project.

Su quei rilievi la dottoressa Cecilia Frosinini, direttrice del Settore restauro pitture murali dell’Opificio delle Pietre Dure ha detto durante la presentazione ha sottolineato come “I materiali prelevati nel 2012 dall’ingegnere Maurizio Seracini dai “famigerati buchi” negli affreschi di Giorgio Vasari nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, alla ricerca di frammenti della “Battaglia di Anghiari” di Leonardo da Vinci, “sono scomparsi”. 

Sempre secondo la dottoressa Forsinini, “Quattro dei cinque fori non dettero alcuna informazione utile. Da uno dei cinque, riferì Seracini, si ottennero labili indizi, in particolare tracce di un possibile pigmento nero, tracce di lacca rossa, l’immagine sgranata di uno strato beige su un calcinaccio. Questi materiali vennero allora magnificati e addirittura si disse che quel pigmento nero sarebbe stato il ‘nero della Gioconda’. Ma si tratta di un’affermazione senza senso, perchè per secoli è sempre stato usato lo stesso pigmento nero da Giotto, a Leonardo a Caravaggio per fare solo alcuni nomi di grandi maestri. In realtà non si tratta di materiali pittorici ma materiali murali, di frammenti di muro”

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