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Vaccini, parla la moglie di Stefano Paternò: “Vogliamo giustizia”. Il 7 marzo era morto l’agente Davide Villa

Un militare e un poliziotto morti in Sicilia dopo aver ricevuto la somministrazione del vaccino Astrazeneca. Prima della morte del militare Stefano Paternò (deceduto giorno 9 marzo), il 7 marzo era deceduto Davide Villa, cinquantenne, poliziotto dell’Anticrimine di Catania, fratello del noto fotografo Fabrizio Villa.

Pubblicato il 11 Marzo, 2021

Un militare e un poliziotto morti in Sicilia dopo aver ricevuto la somministrazione del vaccino Astrazeneca. Prima della morte del militare Stefano Paternò (deceduto giorno 9 marzo), il 7 marzo era deceduto Davide Villa, cinquantenne, poliziotto dell’Anticrimine di Catania, fratello del noto fotografo Fabrizio Villa. L’agente di polizia è deceduto il 7 marzo scorso, 12 giorni dopo la somministrazione del vaccino, ma dal giorno successivo della somministrazione della dose aveva iniziato a stare molto male. Le sue condizioni, giorno dopo giorno, sono peggiorate drammaticamente fino al decesso.

Era stato lo stesso Fabrizio ad accompagnare l’agente al pronto soccorso dove sembrerebbe che i medici avrebbero diagnosticato una trombosi venosa profonda.

Le indagini sono in corso e gli inquirenti cercheranno di stabilire se tra la somministrazione del vaccino e le due morti ci sia una correlazione ma la moglie di Stefano Paternò, Caterina Arena, ha rilasciato queste dichiarazioni all’agenzia AdnKronos: «Vogliamo giustizia, vogliamo sapere la verità e capire se a provocare la morte di mio marito sia stato il vaccino». Il militare viveva a Misterbianco.

«Mio marito – ha spiegato Caterina Arena – aveva fatto il vaccino lunedì mattina. Verso le 19.30 tremava, aveva freddo e febbre a 39. Ha preso una tachipirna e la temperatura si era abbassata – ricorda la moglie – ma poi in nottata tremava, traballava nel letto ed aveva un respiro pesante».

Caterina Arena ricorda di aver «chiamato immediatamente il 118 e arrivati in pochissimo tempo, i medici, hanno iniziato le manovre di rianimazione ma, non c’è stato nulla da fare».

L’inchiesta, intanto, su istanza dei legali della famiglia Paternò, è stata radicata a Siracusa. 

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