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Quando la fotografia sposa l’architettura. Roberto Gabetti in mostra da Camera

Torino. Architettura e fotografia sono spesso arti affini e, talora, inscindibili, come nel caso del noto architetto e docente torinese Roberto Gabetti (1925-2000),

Pubblicato il 6 Aprile, 2021

Torino. Architettura e fotografia sono spesso arti affini e, talora, inscindibili, come nel caso del noto architetto e docente torinese Roberto Gabetti (1925-2000), cui Camera dedica una mostra, nel ventennale della scomparsa. L’esposizione, visitabile non appena i musei riapriranno e curata da Sisto Girodi, per la prima volta offre al visitatore un’ampia selezione dell’archivio privato dell’artista. Gabetti, architetto di fama, progettista e creativo, si accostò al mondo della fotografia già a partire dagli anni universitari torinesi trascorsi alla Facoltà di Architettura, utilizzando una Leica, che gli consentì di cimentarsi nelle riproduzioni fotografiche dei modelli in studio.

Questa modalità la ritroviamo nei negativi e nei provini che costituiscono il fondo fotografico custodito dalla famiglia Gabetti e formato da trecento rullini di 35 mm ciascuno, per un totale di 5 mila negativi. Questi rullini rimasero conservati nello studio torinese dell’architetto, in via Sacchi 22, in un antico cassettone, sviluppati e imbustati nei “libretti” del laboratorio di Riccardo Moncalvo. Le fotografie di Roberto Gabetti mostrano una certa originalità che non consente di ascriverle ai padri nobili della fotografia, quali Alinari, e neanche ai maestri delle avanguardie storiche novecentesche. La sua era, infatti, una concezione assolutamente personale della fotografia intesa come conoscenza delle ragioni delle architetture, delle città, dei paesi e anche quale antropologia dei modi di vivere, di abitare e di vestirsi, come notava il critico Luigi Ghirri.

La mostra, che ha ricevuto il contributo della Regione Piemonte, è corredata da un catalogo edito da Lindau, che propone oltre duecento scatti e testi di Sisto Girodi e Daniele Regis

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