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Aprire un’azienda vinicola: requisiti, step, come avere successo

Pubblicato il 7 Agosto, 2023

Avere un lavoro a contatto con la natura è il desiderio di sempre più persone, che scelgono di lasciarsi alle spalle la frenesia della vita di città per avviare business sostenibili. Questi ultimi, molto spesso, sono legati a eccellenze come il vino. Aprire un’azienda vitivinicola vuol dire entrare in un settore che, nonostante il tempo che passa e le crisi che si rincorrono, è chiave per il nostro Paese. Per rendersene conto, basta rammentare che il volume economico dell’export supera i 6 miliardi di euro annui.

Come entrare in questo mondo? Scopriamo assieme qualche consiglio utile al proposito.

La scelta del terreno giusto

Aprire un’azienda nel campo della produzione enologica e avere successo vuol dire non improvvisare e scegliere il terreno giusto. Non è sufficiente piantare viti sull’eventuale terra ereditata dal nonno – anche perché, come previsto da una normativa europea risalente al 1987, non è possibile, in tutto il Vecchio Continente, impiantare nuovi vitigni – ma è importante scegliere la zona giusta.

Ecco perché, per non sbagliare, è il caso di scegliere tra le aziende vitivinicole in vendita proposte da realtà specializzate in transazioni economiche che riguardano aziende del comparto enologico e del food in generale.

Così facendo, si parte con il piede giusto, avendo già a disposizione la struttura e vigneti piantati in terreni adatti alla crescita dell’uva.

Le normative

Prima di aprire un’azienda vinicola, è essenziale fare riferimento alle giuste normative. In questo come in tanti altri casi, bisogna prendere in considerazione le linee guida delle ASL locali, che cambiano a livello regionale e, a volte, anche da centro urbano a centro urbano, così come i regolamenti comunali relativi all’edilizia.

Per quel che concerne, invece, la normativa nazionale, fra i testi da consultare rientra il decreto legislativo 81/2008, per la precisione l’allegato IV. Parliamo, come ben si sa, di una parte della legge che, in Italia, ha rivoluzionato la gestione della sicurezza sui luoghi di lavoro.

Iter burocratico

L’iter burocratico per l’apertura di un’azienda vinicola prevede ovviamente l’acquisizione della Partita IVA e del codice ateco. Quest’ultimo, per i business oggetto di questo articolo, è 01.21.00.

Bisogna poi iscrivere l’azienda al Registro delle Imprese provinciale e, se si impiega del personale, regolarizzare le posizioni INPS e INAIL. Un altro step essenziale per l’avvio di un’azienda vitivinicola è la presentazione della SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), presso lo sportello dedicato alle attività produttive del Comune dove si trova la realtà aziendale.

Tutti possono aprire un’azienda vinicola?

La risposta è sì. A patto, ovviamente, di rispettare le normative previste a livello locale e nazionale. Essenziale prima di partire è anche riflettere bene sulle attrezzature da acquistare e, in caso, scegliere partner di fiducia per gli step della filiera che non si ha modo di gestire (questo è il caso, per esempio, dell’imbottigliamento).

Occhi aperti sui trend

Per aprire un’azienda vitivinicola e avere successo è necessario tenere gli occhi aperti sui trend. Gli ultimi in ordine di tempo, per esempio, riguardano il superamento del vino bianco, in particolare di quello frizzante, che sta concretizzando numeri di mercato più alti rispetto al rosso. Si può dire la stessa cosa in merito ai rosé.

A rivelarlo ci hanno pensato, nei mesi scorsi, i dati dell’Osservatorio UIV-Vinitaly, riguardanti in particolare l’export. Sì, si tratta di mercato estero – per la precisione, di dati relativi al lasso di tempo compreso tra il 2016 e il 2022 – ma non dobbiamo dimenticare il suo rappresentare una grossa fetta del fatturato dell’enologico in Italia.

Se si decide di entrare in questo business bisogna attrezzarsi per vendere all’estero e, per esempio, investire in un buon e-commerce, in una presenza social efficace e in advertising sulle principali piattaforme presidiate.

Un altro trend da intercettare è l’inclusione sociale, che vede in primo piano, per esempio, la proposta di bottiglie con etichette in braille.

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