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Berlusconi

Berlusconi e il caso degli appunti sulla Meloni, La Russa: “Sono certo che è fake, ma deve dirlo lui”

Pubblicato il Ottobre 14, 2022

 “Io credo che il presidente Berlusconi dovrebbe dichiarare quello di cui io sono quasi certo, che quella foto è fake, però deve dichiararlo lui non lo posso dire io”.

Così, interpellato dai cronisti mentre lasciava Montecitorio, il presidente del Senato Ignazio La Russa a proposito dello scatto di ieri di un appunto con alcuni giudizi negativi su Giorgia Meloni.

L’appunto, destinato a rimanere privato, è stato fotografato ieri nella cartelletta che Silvio Berlusconi teneva sul suo banco, nell’aula del Senato: cartelletta su cui gli occhi di tutti sono stati puntati durante lo scontro verbale tra lo stesso leader di Forza Italia e La Russa.

Nell’appunto appaiono alcune parole che sono state cancellate: “Giorgia Meloni. Un comportamento 1. supponente 2. prepotente 3. arrogante 4. offensivo. Nessuna disponibilità al cambiamento. È una con cui non si può andare d’accordo”.

Nelle carte di Berlusconi era contenuta anche una proposta di ministeri per esponenti di Forza Italia. Almeno 3, da quanto ricostruito, quelli indicati per Licia Ronzulli; Politiche europee, Turismo e Rapporti con il Parlamento. A ciascuna proposta, Meloni avrebbe opposto il suo no.

Secondo la ricostruzione di Tommaso Labate, nella mattinata di giovedì — durante l’incontro tra la leader di Fratelli d’Italia e quello di Forza Italia — il confronto sarebbe stato decisamente teso: “Giorgia, tu sei disposta a riconoscermi tre ministeri in più?”, è l’argomentazione di Berlusconi. “No”, risponde la presidente del Consiglio in pectore col sorriso di chi si trova di fronte a una pretesa assurda. Saranno dei secchi “no” anche le repliche alla richiesta berlusconiana di avere due ministeri in più, poi uno solo. “E va bene, Giorgia. Allora veniamo ai ministri”, azzarda Berlusconi iniziando l’elenco. “Sei disposta ad avere Tajani agli Esteri?”. “Sì”, è la risposta. Sarà l’unica risposta affermativa che arriva da Meloni. Che poi pronuncerà gli altri due “no” secchi che spingono Forza Italia fuori dal perimetro degli elettori di La Russa alla presidenza del Senato: il primo è per il ministero della Giustizia, che non finirà a un esponente indicato dagli azzurri; il secondo è per Licia Ronzulli, la cui presenza è destinata a rimanere fuori dai radar ministeriali. A questo punto inizia lo psicodramma collettivo degli azzurri.

Berlusconi e Meloni avevano avuto un incontro teso anche mercoledì. Come ricostruito qui:

Meloni è andata mercoledì in visita al patriarca del centrodestra, nella sua casa romana: un gesto distensivo, dopo aver detto più volte che i vertici si fanno nelle sedi istituzionali. Ma è andata malissimo. L’ex premier vuole ministeri importanti: Giustizia, Sviluppo economico, Salute, Infrastrutture. Soprattutto, insiste per un posto chiave alla sua fedelissima Licia Ronzulli. Meloni dice no e Berlusconi si sfoga così con i suoi: Lei non può pensare di comandare su tutto e tutti. Deve rispettarci, non può trattarci così”.

Ma perché si litiga tanto su Ronzulli? Meloni ripete da giorni che cerca “competenza” e “alto profilo”, e ritiene che questi due requisiti escludano automaticamente l’ex infermiera, che tutti sembrano detestare tranne Berlusconi, di cui in questi anni è diventata l’ombra. L’impressione è che voglia contrastare fin d’ora l’ascesa ronzulliana: in altre parole, Meloni trema al pensiero di dipendere in futuro da Licia Ronzulli per la stabilità del suo governo”.

Berlusconi

Gli interlocutori di Silvio Berlusconi raccontavano ieri di non averlo visto così neanche nei momenti più cupi del rapporto con Umberto Bossi o Gianfranco Fini.

E il voto corsaro a La Russa presidente del Senato sarebbe la prova che il contributo di Forza Italia non sarebbe così determinante.

Una ricostruzione fatta anche all’estero: Silvio Berlusconi, “Infastidito da Meloni per non aver accettato le richieste riguardo alla spartizione dei ministeri, ha cercato di boicottare il voto per il nuovo presidente del Senato, che doveva essere una formalità – scrive El Paìs . Il Cavaliere, tuttavia, ha finito per essere umiliato e per minare direttamente l’unità del futuro governo”.

L’elezione del leghista Lorenzo Fontana a presidente della Camera dovrebbe aver ricompattato le cose? Secondo Lorenzo Cesa sì: “Il clima è molto diverso rispetto a ieri. Il centrodestra si è ricompattato dopo lo scivolone in Senato, determinato non da Berlusconi, perché uno come lui non lo avrebbe mai fatto, ma da pressioni all’interno di Forza Italia. Il segnale che arriva oggi è di grande speranza per il futuro”.

Ma quegli appunti su Meloni e quella frase, “Una con cui non si può andare d’accordo”, sono destinati a pesare come macigni.

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