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“Non esiste agricoltura senza i Consorzi di Bonifica”

Pubblicato il 29 Aprile, 2024

Qualcuno li “bolla” sbrigativamente con l’intramontabile “etichetta” di “carrozzoni” ma, a voler rifuggire dai facili slogan di certa retorica tutta chiacchiere e tagli, i Consorzi di bonifica appaiono al contrario come enti fondamentali per lo sviluppo di un territorio, il “motore” che muove l’agricoltura, settore trainante dell’economia siciliana, che dà lavoro, in Sicilia, a circa 300.000 persone. Ma cosa sono i Consorzi di bonifica? Quando e perché nascono? Qual è la loro funzione e quali sono le loro competenze oggi? Quanto costano? Ma soprattutto, a che servono e che ruolo giocano nello scenario economico e produttivo siciliano e nazionale? Per capire e rispondere a questi interrogativi siamo andati all’hotel Gelso Bianco, periferia di Catania, all’incontro organizzato dalla Cgil e dalla Flai regionale, un confronto a più voci tra sindacalisti, accademici, dirigenti dei “Consorzi”, agricoltori e lavoratori, che ha avuto il pregio di dare risposta alle nostre domande ma, soprattutto, di tracciare un percorso di proposte per una riforma di questi enti senza i quali, come ricorda un delegato “non esisterebbero l‘arancia rossa e il pomodoro di Pachino, eccellenze riconosciute in tutto il mondo”.

Tonino Russo

Tonino Russo, numero uno della Flai siciliana, ripercorre nell’intervento di apertura, la storia e l’evoluzione dei “Consorzi”, a partire dalla loro istituzione, alla fine dell’800. Una storia che ha il suo apice negli imponenti interventi di bonifica delle aree paludose effettuati nel secondo dopoguerra. Una storia che si intreccia intimamente con le conquiste bracciantili e le lotte sindacali per l’assegnazione delle terre (costate la vita, ricorda Russo, a più di quaranta sindacalisti); sono gli anni della riforma agraria, della legge Gullo, dello scorporo dei latifondi, della repressione contadina. Nei trent’anni che vanno dal 1961 al 1992, i 30 “Consorzi” siciliani (oggi ridotti a 11) danno un impulso decisivo all’infrastrutturazione idrica della Sicilia: dalle dighe (ben 14), agli acquedotti, alle opere irrigue. Con la legge n°45 del 1995 le competenze dei “consorzi di estendono alla salvaguardia ambientale e delle acque, alla valorizzazione dei territori. I “Consorzi”, ricorda Russo, costano 48 milioni di euro ma, è il ragionamento, mettendoli a sistema, innovandoli, ampliando gli ambiti di intervento, rilanciandoli con un piano di investimenti, azzerando le criticità, potrebbero generare un aumento dello 0,3% del Pil e 40.000 posti di lavoro nel Meridione. Per non parlare dell’impatto sul settore agroalimentare: “In Sicilia – spiega Russo – importiamo l’80% di ciò che consumiamo. Secondo uno studio dell’Università di Catania, basterebbe colmare questo fabbisogno per creare circa 300.000 posti di lavoro”. Condizioni e propositi che, però, trovano impreparata la politica siciliana, come dimostra la recente bocciatura dei progetti presentati per il Pnrr. Da qui la proposta di un “Tavolo verde, che riunisca agricoltori, consorzi di bonifica, sindacati, politica e mondo accademico, che serva ad una progettazione organica sui nuovi progetti ed investimenti, una cabina di regia per individuare e avviare a realizzazione tutti gli interventi necessari a rendere efficiente il sistema dei servizi all’agricoltura, a partire dall’acqua”.

Riflessioni ribadite anche nell’intervento di Gabriella Messina, segretaria della Cgil regionale, secondo cui, “lo stato attuale delle infrastrutture idriche non è in grado di soddisfare i fabbisogni pubblici e privati”. Per Messina, “servono investimenti e soprattutto una capacità di progettazione che finora è mancata. La riforma dei consorzi di bonifica con il rafforzamento del loro ruolo – conclude la segretaria – è un passaggio fondamentale per una gestione che funzioni”. Per Emanuele Sciascia, dirigente della Flai e delegato sindacale del Consorzio Sicilia Orientale, “l’agricoltura di qualità passa dai Consorzi di bonifica, va ricordato che l’agricoltura siciliana è la seconda in Italia per produzione e il primo comparto in Sicilia per occupazione”. Sciascia si sofferma anche sui fenomeni meteo estremi che hanno colpito la Sicilia e rivendica il ruolo dei “Consorzi” nella messa in sicurezza dei territori. Anche per questo va valorizzato l’organico, a partire dai percorsi di stabilizzazione dei precari, circa 900, su 1900 lavoratori dei “Consorzi”.

Nelle conclusioni del convegno, Tina Balì, segretaria nazionale della Flai pone l’accento sulle disuguaglianze tra le diverse aree del Paese, che “riguardano anche il settore idrico e gli investimenti su di esso. Mentre nelle città siciliane registriamo perdite dalle reti fino al 60%, la media del Nord è del 28%”, sottolinea Tina Balì. “Gli investimenti nel comparto, che in Europa arrivano a 90 euro pro capite, si abbassano a 39 euro in Italia e a 26 nel Mezzogiorno. Occorre allora usare- evidenzia la segretaria nazionale – tutte le risorse possibili, dal Pnrr a tutti i fondi europei, per colmare i gap e sviluppare l’occupazione”. Balì ha infine rileva la necessità della “riforma del settore come riforma ‘ abilitante’, in grado cioè di attivare altre riforme promuovendo sviluppo e occupazione. E’ chiaro- conclude – che in questo come in tutti gli ambiti ognuno deve fare la propria parte, assumersi cioè le proprie responsabilità evitando lo scaricabarile”. Andiamo via dall’hotel Gelso Bianco con qualche interrogativo in meno e qualche risposta in più: sì, i “Consorzi” vanno riformati ma sono decisivi per lo sviluppo della Sicilia o, per usare le parole del delegato incontrato all’inizio del convegno, “non esiste agricoltura senza Consorzi di bonifica”.

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