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ESCLUSIVA – Operazione Impero: gli inquirenti spiegano il metodo di Lazzaro per le truffe

Vediamo insieme alcuni dettagli dell’operazione Impero, condotta questa mattina dal Commissariato di Pubblica Sicurezza di Adrano.

Pubblicato il 9 Novembre, 2021

L’operazione Impero, condotta questa mattina dalla Squadra Mobile di Catania e dalla Squadra Investigativa del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Adrano, ha portato sotto gli occhi di tutti un enorme giro di malaffare che ha visto confluire tra i 300 e i 400mila euro nelle casse del clan mafioso Santangelo-Taccuni.

L’operazione si è avvalsa in primo luogo delle dichiarazioni di pentiti e di intercettazioni e l’espansione territoriale dell’operazione è andata, oltre che nella provincia di Catania, anche in quelle di Messina, Siracusa ed Enna.

Il sostituto commissario di Adrano, Nicolò Romano, spiega l’articolazione di questa associazione a delinquere, consistente nel ruolo di gestori da parte di Pietro Lazzaro, Vito Di Stefano e Angelo Tomaselli e di collettori degli altri 9 indagati, la maggior parte dei quali incensurati.

“Vito Di Stefano e Angelo Tomaselli annoverano già da tempo – afferma Romano – precedenti per associazione mafiosa, sempre come sodali del clan Santangelo. Lazzaro, comunque sodale della famiglia mafiosa, è il più esperto in queste truffe perché già da tempo sospettavamo che lui ponesse in essere questo tipo di attività per contro del clan Santangelo. Grazie a questa indagine è emersa la sua esperienza in questo campo, tanto è vero che era colui il quale riusciva a portare più collettori e a interagire per quanto riguardavano le assunzioni con il ragioniere di Adrano. Quest’ultimo si occupava di sistemare le ditte e tutto il cartaceo documentale che riguardava le posizioni dei braccianti agricoli. Si riusciva anche ad avere i tabulati dell’Inps per conoscere in tempo reale quanto e quando percepivano l’indennità di disoccupazione. Gli altri 9 erano collettori che riuscivano a reclutare i braccianti agricoli, i quali a seconda della provenienza e del tipo di attività prendevano tra 15 e 25 euro al giorno, senza ovviamente svolgere alcuna attività lavorativa. Ogni giornata lavorativa dovevano versare una quota e i tre promotori, Lazzaro, Di Stefano e Tomaselli, segnavano o 101 o 151 giorni. Alla posta o alla banca ci andavano i falsi braccianti e il ragioniere sapeva tutto così si aveva la certezza sia della somma che del periodo”.

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