Il Sacco di Prato (terza puntata)

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Siamo arrivati alla terza puntata di questa avvincente e triste storia narrata dal pratese Rolando Valdiserri.

A Prato si lavorava alacremente giorno e notte per predisporre la difesa della città. Si decise per meglio difendersi di murare tutte le porte di accesso. Da Firenze iniziano ad arrivare gli aiuti sperati: 50 balestrieri e 100 ducati sperando che fossero solo i primi, in attesa di altri uomini, munizioni, polveri e armi.

Il 26 Agosto 1512 il governo Fiorentino scrive a Prato “ Ci siamo decisi con il parere di questi condottieri che bastino a difendere la terra di Prato 2000 fanti” , cifra irrisoria visto la loro impreparazione a dover contrastare un esercito consumato nelle guerre, quattro o cinque volte maggiore, avidi nel saccheggio e affamati e dirottò il rimanente dei circa 15.000 fanti rastrellati qua e là nella pianura, per la difesa della città di Firenze.

Sul numero effettivo dei componenti l’esercito Spagnolo ci sono cifre discordanti. Il Modesti dice che gli Spagnoli erano 14000 fanti, 1000 uomini d’arme, e 1500 cavalleggeri. Insieme agli Spagnoli c’erano anche compagnie di ventura italiane come i Ramazzotti e i Pepoli. Altre fonti parlano solo di 5000/6000 fanti spagnoli. Lanicci dice: “El numero delle gente spagnuole si dice essere VIII mila fanti, tra buoni et cattivi; chè sono in gran parte malati: ma la speranza della preda gli fa volare”. Al di là di ogni possibile motivo, non c’è dubbio che se Prato fosse stata difesa dalla totalità delle forze militari fiorentine, si sarebbe salvata.

Le truppe fiorentine avrebbero potuto tranquillamente superare le forze spagnole che, meglio allenate e equipaggiate, dovevano comunque combattere in territorio nemico. Il 26 Agosto l’esercito passa la pianura di Calenzano e si presenta per la prima volta alle mura di Prato per chiedere la resa della città e vettovaglie per l’esercito. Quando i pochi soldati di Prato si rendono conto che la loro inferiorità li avrebbe portati al sacrificio si ribellano. Prato scrive a Firenze che invii urgentemente denaro per approvvigionare i soldati e aumentare il loro numero. Prato deve fronteggiare il pericolo esterno e l’insubordinazione al suo interno. Firenze adduce come scusa che eventuali aiuti inviati sarebbero caduti in mano al nemico che aveva chiuso tutti gli accessi a Prato, ma era solo un pretesto perché Firenze si sarebbe dovuta muovere prima. Il 27 Agosto gli inviati degli Spagnoli si presentano per la terza volta alla Porta Fiorentina di Prato, adesso Piazza San Marco, per chiedere che aprissero loro le porte e dessero loro le vettovaglie e pongono un ultimatum, in caso contrario l’indomani avrebbero usato la forza. Sembra che un pratese imprudentemente e altezzosamente rispose alla richiesta di aiuti: ”Se la prenda colla punta della spada” dimenticando che in Prato c’erano pochi uomini atti al combattimento, si parla di un massimo di 2/4.000 uomini più i contadini rifugiati all’interno delle mura dai paesi limitrofi e soprattutto di munizioni, artiglierie e viveri ce n’erano pochissimi. Per le palle dei fucili addirittura si ricavava il piombo dai tetti delle chiese. Così i pratesi con pochi uomini e munizioni e viveri si preparavano a respingere il nemico.

Il 28 Agosto l’esercito Spagnolo muove da Calenzano verso Prato pronto a combattere. Il Cardinale Giovanni de Medici intanto era ad osservare l’assalto dal Monastero di S Anna in Giolica. Arrivano a Prato nel primo pomeriggio , con due cannoni presi a Bologna donati proprio dal Cardinale Giovanni de Medici, e la fanteria si avvicina alle mura ottenendo poca resistenza, non potendo usare gli archibugi dato la mancanza di piombo e polvere dei pratesi. Un narratore del tempo commenta la difesa pratese al primo assalto” I pratesi coi suoi 2000 fanti senza contare i contadini, 150 cavalli un capitano Savello anziano, ma valoroso e 60 militari si difesero gagliardamente”. Gli Spagnoli conoscevano la poca consistenza dei pratesi e credevano di prendere la città al primo assalto. I pratesi intanto speravano invano che i fiorentini prendessero gli spagnoli alle spalle. Prima fu tentato di fare una breccia nei pressi di Porta del Mercatale che venne bruciata e bersagliata da molte cannonate ma il primo assalto risultò invano e “furono rigettati indietro i nemici con danno loro”. Si narra di circa 40 morti tra gli invasori e 3 tra i pratesi dopo il primo assalto. I soldati di Raimondo di Cardona però non essendo stati pagati da tempo, erano affamati perché tutte le scorte di cibo erano state raccolte dentro le mura della città. A Firenze credevano che se avessero resistito per qualche giorno gli Spagnoli sarebbero morti di fame.

Infatti dopo una richiesta di 200 some di pane negata da Firenze, gli spagnoli prima di assaltare Prato dettero assalto al Castello di Campi che fu preso per viltà di un certo Connestabile, depredato, saccheggiato e bruciato. Circa 40 persone furono uccise e le altre fatte prigioniere, la maggior parte delle case fu bruciata e rasa al suolo. Questo servì per sfamare momentaneamente l’esercito , fu dato un pane ogni tre soldati e fu di stimolo e incoraggiamento all’assalto successivo. Prato al tempo del sacco contava 12.000 abitanti, compreso gli abitanti del contado, Galciana, Tobbiana, ecc. Forse se i pratesi minimamente avessero sospettato di un abbandono completo da parte dei fiorentini si sarebbero spogliati dei loro averi e avrebbero aperto le porte della città agli invasori , evitando il sacco. I pratesi però vollero provare a difendere la loro terra e in cuor loro tennero sempre una falsa speranza di un aiuto da parte dei fiorentini.

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Redazione Prato

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